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The-Dream-Syndicate-Ultraviolent-Battle-Hymns-and-True-Confessions

The Dream Syndicate “Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions”

Album costruito per suonare dal vivo e lo si potrà vedere e sentire, a breve, anche nel nostro Paese

Certo che quell’inizio lì è davvero interessante. Sembra quasi Prog puro. Poi invece tutto il restante impianto sonoro della canzone “Where I’ll Stand”, il primo brano dell’album, è di matrice rock. Però, davvero, quell’inizio lì è davvero intricante. Così come lo è il basso sul terzo pezzo, e cioè “Beyond Control”. Quanta bellezza rendersi conto che in questo rock statunitense c’è parte della stagione new wave che, ora, con discrezione viene recuperato. Anzi, ma nessuno lo potrà mai certificare, purtroppo, ma quella linea di basso lì rimanda al miglior Maroccolo degli anni ’80 e al suo Attilio. Lo so, pura follia, ma perché non sognare un poco… eh!

“Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions” è il quarto album del nuovo ciclo intrapreso dai The Dream Syndicate, per capirci quello avviato dopo la reunion e, dal 2017 in poi, con “How Did I Find Myself Here?” Ma soprattutto con quel gioiello di perfezione che è stato “These Times”. Nel nuovo album, le influenze sono gli onnipresenti Velvet Underground, parte del Glam britannico senza scordare il Prog tedesco. C’è un buon mix di suoni buoni e non convenzionali che, però, ben stanno insieme funzionano. Per quanto mi riguarda, il primo ascolto a me ha ricordato – non in tutti i brani – anche l’estetica dei The Cure, ma il gioco dei rimandi rischia di essere davvero stucchevole.

Pur se si tratta di un album che necessita di parecchio ascolto (ulteriore elemento di bellezza), non risulta comunque di difficile fruizione. C’è senza dubbio una linea melodica dominante – le percussioni e la sezione ritmica – ma l’album sembra costruito, questa volta, quasi per assecondare l’ascolto contemporaneo fatto di momenti separati dal tutto. Così non c’è da preoccuparsi se non si riesce ad avere il tempo di immergersi in questo nuovo mondo sonoro. Possiamo anche fare delle incursioni singole. Azioni di rapina insomma. Non perdiamo nulla del senso complessivo di questo album che cerca strade nuove e radicalizza direzione che erano già state prese nel recente passato: la chitarra diventa meno presente e dominante, mentre quando c’è è sempre base sonora che sorregge la voce di Steve Wynn che, rispetto alle ultime esperienze da solista, appare molto più a suo agio in questa dimensione.

C’è poi una netta separazione fra il mondo musicale delle prime quattro tracce e la quinta che, di fatto, sembra una cover di Lou Reed e dei suoi Velvet si diceva. Da quel momento in poi l’album diventa più intimo e, allo stesso tempo, più dolce nei suoni. “Every Time You Come Around” sembra quasi il classico singolo destinato a scalare le classifiche come d’altronde “Trying to Get Over” è il pezzo che porterà a ballare. Nulla di negativo, anzi … quando la proposta è ben fatta, ben costruita e ben calibrata ci può stare. In questo pezzo, poi, c’è tutta la tradizione di un rock alternativo fatto di chitarre non dure che si fanno sentire (finalmente). Bello, davvero anche se, al primo ascolto, sembra la più banale delle tracce. “Lesson Number One”, come accade per la prima traccia, merita attenzione all’inizio. Sembra portarci in un mondo musicale psichedelico e, invece, poi devia la direzione con piacevole scoperta di un Steve Wynn che sembra voler avvicinarsi al modo di cantare di artisti pop e hip-hop.

Un lungo elenco di “lezioni” che, come costruzione, ma con suono più compatto, ricorda la meravigliosa “Numb” degli U2. Poi c’è spazio anche per suoni da colonna sonora, quasi figli del Fra West in “My Lazy Mind”, brano intenso che, pur se alla fine dell’album, rappresenta una laison con la prima parte del lavoro. Con l’aggiunta di un sax che, sul finale, è di una bellezza incredibile. Poi il tutto si chiude con un bel pezzo rock, con chitarra tirata – la prima di fatto di tutto questo album – e anche distorta. Non guasta mai, pur se un poco stona rispetto al resto del lavoro.

Ancora una volta i The Dream Syndicate non deludono affatto e consegnano al proprio pubblico un ottimo lavoro che mostra molte facce e che sarà senza dubbio un piacere ascoltare dal vivo. Ecco, è un album costruito per suonare dal vivo e lo si potrà vedere e sentire, a breve, anche nel nostro Paese ad ottobre, e più precisamente il 14 ottobre a Torino allo SPAZIO 211, il 15 ottobre a Bologna al Locomotiv e il 16 ottobre a Milano al Circolo Magnolia.

Articolo di Luca Cremonesi

Tracklist Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions

1. Where I’ll Stand 
2. Damian
3. Beyond Control
4. The Chronicles of You
5. Hard to Say Goodbye
6. Every Time You Come Around
7. Trying to Get Over
8. Lesson Number One
9. My Lazy Mind
10. Straight Lines

Line up The Dream Syndicate di “Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions”: Steve Wynn, Dennis Duck, Mark Walton, Jason Victor e il nuovo membro Chris Cacavas alle tastiere, oltre alla presenza in veste di guest di Stephen McCarthy dei The Long Ryders e di Marcus Tenney.

The Dream Syndicate online:
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