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Tidal Frame “Tidal Frame”

Otto brani che danno vita ad un album di debutto fresco e vitale

È uscito il 14 ottobre 2022 per VREC Music Label negli store digitali l’album omonimo di esordio dei Tidal Frame, gruppo di Teramo formatosi nel 2013 e arrivato al primo album dopo un primo EP autoprodotto di 5 brani. I Tidal Frame (letteralmente “Telaio / Cornice di marea”) prendono ispirazione da alcune delle band che hanno lasciato una forte impronta sul Rock degli anni Novanta come Talking Heads, Queens Of The Stone Age e Placebo.

Un riff di chitarra (che a me ricorda i Decibel di Ruggeri) dà il via a “Waiting For Nothing”, primo brano dell’album. Tema della canzone è l’aggressione costante e persecutoria di chi ci manipola, vendendoci un paradiso fatto di piaceri effimeri, oggetti da quattro soldi, sogni usa e getta. E se è vero che ad ogni modo, non puoi cambiare le cose quel che ci resta è la dignità di combattere e resistere all’attacco del nulla (vi ricordate “La Storia Infinita” di Michael Ende? Qualcosa di simile). Robusta la ritmica e degno di nota il solo di chitarra, con la base che cambia dopo le prime otto battute e cresce per il lancio dell’ultimo ritornello.

La ragione (“The Reason”) è un amore che, anche quando è irragionevole e ci fa soffrire, dobbiamo accettare come un destino, incapaci di liberarcene. Canzone orecchiabile con effetti gradevoli, misurati e mai oltre il limite. La sezione ritmica lavora bene, da compattezza e, senza essere invadente, crea il vero mood del brano.

“Alice”, è anche uno dei tre singoli insieme “Healing Waters” e “Elodie’s Ether”. Belli gli effetti della batteria e il ritmo sincopato che caratterizza l’inizio delle strofe. Alice scappa dalla violenza e come ultimo gesto s’intuisce che lei stessa la violenza l’ha esercitata: ha deciso di non subirla più, anche se questo vuol dire lasciare il suo mondo per nascondersi. Alice andandosene non lascia parole. Nel ritornello si gioca sull’assonanza di “she left her world” ha lasciato il suo mondo e “she left no words” non ha lasciato parole. Quest’ultima cosa – lasciare un biglietto, uno scritto – è ciò che fanno i suicidi per spiegare il proprio gesto ma in generale per diffondere un profondo senso di colpa a chi rimane: lei non lascia nulla perché non ha deciso di morire bensì di ricominciare a vivere.

“Healing Waters” è pezzo più hard dei precedenti, grazie al riff potente delle chitarre. Ritornello che rimane in testa. Tutta la canzone è una preghiera a smettere di farsi del male, smettere di uccidersi: è tempo di guarire “Time to heal”. Bello e divertente il video che affronta in modo leggero un tema assai pesante. “Elodi’s Ether” tema più etereo (da “Ether” nel titolo) melodico e gradevole. Pregevoli gli assoli di chitarra sul tappeto sincopato della sezione ritmica sempre in tiro e mai scontata. “The Space Above Us” parla della fine di una storia. E quando finisce una storia non è mai al momento giusto: qualcosa si trascina per un po’ e genera bugie, silenzi, parole che “cadono” pesanti ma vuote.

Inizia grintosa “Shellfire” con un ritornello degno di un singolo. Qui (forse) l’amore porta attimi di serenità “find a sanctuary in your eyes”, ho trovato rifugio nei tuoi occhi, e consente di superare il fuoco di sbarramento (“Shellfire”) a cui siamo sottoposti. Se è vero che ognuno si nasconde dietro la propria maschera e che proviamo in tutti i modi a proteggerci è altrettanto vero che le nostre sono armature d’argilla: “Armor Of Clay”, brano che chiude la sequenza e l’album. Qui torna il tema della vanità e dell’inganno a cui siamo costantemente sottoposti dalla società dell’apparenza e dell’effimero. Matteo Felicioni ci dice “fighting this battle to escape from this feast of vanity”, combattere questa battaglia per uscire da questo festino delle vanità. Trovare le risposte oltre le bugie e liberarsi dalle illusioni troppo belle per essere vere è forse il modo per non aver realmente bisogno di armature o poterle addirittura fondere insieme.

La resa musicale, la limpidezza del suono sono ottimi e gli effetti misurati, grazie anche alla collaborazione con Pietro Foresti (Tracii Guns, Scott Russo, Lambstone, Roommates) che nel suo sito si descrive come un guaritore di band dopo “l’Apocalisse Musicale dell’ultimo ventennio”. Beh, grazie Pietro, perché è un lavoro prezioso e non scontato (la nostra intervista a Pietro Foresti).

I testi di Matteo Felicioni sono belli ed espressivi, anche considerando la difficoltà di scrivere e cantare in una seconda lingua. I temi descritti nei testi e nella musica dei Tidal Frame sono molti e vari. Ciò che colpisce è il modo in cui questi temi vengono rappresentati, spesso come espressione di qualcosa di fisico. Ad esempio, nei testi compare frequentemente il motivo della vista (nel Wordcloud generato dai testi delle canzoni la parola “eyes”, occhi, compare ben 13 volte) in relazione con le ombre (“shade” / “shadow”) o l’impossibilità di vedere chiaramente (“haze” foschia).

Con tre bei singoli, a cui avrei aggiunto “Shellfire”, e per gli otto brani nel loro complesso quest’album d’esordio “Tidal Frame” è fresco, vitale e vario: lascia presagire una bella strada per i nostri teramani.

Articolo di Mario Molinari

Tracklist “Tidal Frame”

  1. Waiting for Nothing
  2. The Reason
  3. Alice
  4. Healing Waters
  5. Elodie’s Ether
  6. The space Above Us
  7. Shellfire
  8. Armors of Clay

Line up Tidal Frame: Matteo Felicioni voce e chitarra / Alfredo Di Francescantonio basso/ Riccardo Maiorani chitarra/ Pier Giorgio Bragaglia batteria

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