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Vieri Cervelli Montel

Vieri Cervelli Montel “I”

Album che fonde insieme costruzione elettronica, ricerca sonora/rumorale, de-costruzione e rarefazione

Certo, poi ci sono davvero i fiumi sotterranei. Quelli che, nonostante il deserto e l’aridità, o la siccità imperante, continuano a correre e scorrere. Un tempo, in modo ormai abusato, si sarebbe detto in direzione ostinata e contraria. Ora siamo più liberi di lasciare Faber da parte e di parlare di strade e sentire partigiani di chi, in collina rispetto alla pianura musicale attuale, lotta e non lascia la postazione. O meglio, siamo in presenza di reduci giapponesi ai quali si ricorda che la guerra è finita e la battaglia è ormai persa.  E loro invece, veri reduci e partigiani, martiri dunque, proseguono sulla loro strada perché non serve darla vinta a quei f… che ritengono che la musica sia solo e per forza da mettere in caselle e da far scorrere in canal grandi ricchi di turisti che fotografano, guadano e gioiscono giusto quel tanto che serve per giustificare la loro gita.

Iosonouncane, con “Ira”, ha aperto una strada (la nostra recensione). Ha percorso sentirei poco battuti. È uscito dai percorsi del turismo musicale di massa. La sua creatura, e cioè Tanca Records, raccoglie questa sfida e con Jacopo Incani alla guida lancia la sua prima opera sul mercato. Pochi vinili, numerati a mano, con lacca bianca e packaging di classe per il primo lavoro discografico di Vieri Cervelli Montel, fiorentino con origini sarde, nato nel 1995. Il tutto – nella prima tiratura uscita il 6 maggio 2022 – con prevendita su bandcamp.com e poi negli store digitali. A breve partirà il suo primo tour dopo la naturale e normale gavetta fatta negli anni passati, il Conservatorio a Siena e l’apertura dei concerti di “Ira” per Iosonouncane. Le date del primo tour lo vedranno impegnato a Bologna il 7 luglio al Montagnola Republic; il 4 agosto a Cremona all’ArciFesta e il 10 settembre a Tonadico (Tn) al Sotalazopa Festival.

Nove tracce per questo primo lavoro che si conclude con un inizio, e cioè il trittico “Alba”, “Ultimo” “Primo”, sul lato B, che sono la chiave di volta di questo album davvero interessante e che si candida a essere fra le esperienze musicali più interessanti prodotte nel 2022. Tre mondi musicali e tre esperienze sonore, e cioè Jazz, elettronica e musica d’autore, dunque, che condensano l’essenza di un album che fonde insieme costruzione elettronica (ben fatta, davvero), ricerca sonora/rumorale, de-costruzione e rarefazione. Se volessimo per forza fare il gioco dei richiami, così tanto per dare delle direzioni, direi, ovviamente, “Ira” di Iosonouncane, album generativo con il quale, per qualche anno, si dovranno fare i conti; i Radiohead dell’ultimo periodo e il Battiato che a tanti piace e che nessuno ascolta, quello cioè dei primi lavori, da “Fetus” a “Clic”, senza dubbio. Ma il gioco dei rimandi non rende affatto giustizia a questo lavoro originale e che non guarda in faccia a niente e nessuno. Come sono le vere opere che innovano che restano sotterranee per potersi muovere meglio.

Non copia, non cita, non campiona e non tende… Vieri Cervelli sperimenta e crea un mondo sonoro rarefatto, a tratti claustrofobico (ma sempre con una luce in fondo, mai dunque fine a se stesso) che è una declinazione – non una copiatura – di “Ira”. Lì, infatti, la voce era uno dei suoni; qui, invece, Vieri Cervelli cerca i significati e canta, pur se il bel canto (per fortuna) non è ciò al quale si punta. Qui si bada ai concetti, sonori e testuali, con musica che entra negli anfratti delle parole come un’onda che si gonfia e bagna tutto quanto. Poi, nella risacca, le pietre restano bagnate, come le parole di Vieri Cervelli. Queste non possono stare senza musica. Il suono ne enfatizza senso e significato. Senza musica sembrano orfane ma portano comunque con sé quell’attenzione, pensata, che è tipica dei cantautori. Certo, non possiamo dire affatto che Vieri Cervelli è erede del cantautorato classico. Da Guccini e De André a lui c’è un abisso. Appunto. E finalmente.

Serviva andare oltre e farlo non in stile “Tempesta”, perché lì si è già detto molto, ma cercando qualcosa di nuovo che, per definizione, non può che essere minoritario e carsico.  Lo spaesamento sonoro di “Nebbia” e di “Maestrale” mostrano come questo album non abbia un inizio (mentre, si diceva, ha una fine che è anche un inizio…) ma sia capace di gettare l’ascoltatore subito nel mezzo di un’esperienza sonora. “Nebbia” – grande classe aprire un album con un pezzo così silenzioso – parte solo con voce, senza musica e, per di più, sembra quasi una lettura ad alta voce. Poi tutto decolla a mo’ di esperienza jazz. E la terza variazione di questo brano ci proietta subito nel mood sonoro dell’elettronica, filo conduttore di questo lavoro. Già è chiaro che il mix delle due esperienze sarà lo spazio nel quale si muoverà il nostro giovane musicista.

E se le prime tracce procedono con questa alternanza – ricerca sonora e voce – da “Stanza” in poi il respiro diventa internazionale e se questa musica fosse stata elaborata da Tom Yorke oggi si parlerebbe dell’ennesimo capolavoro. Invece è l’apertura di spazi di credito verso sonorità pop, accennate, che Vieri Cervelli concede prima della tetralogia finale che, come già detto (ma solo per le tre ultime tracce), non è solo vittoria sulla claustrofobia dell’album ma anche la parte di ricerca più interessante di questo album. Il passaggio “Alba” – pezzo meraviglioso e vero vertice dell’album – “Ultimo” ci ricorda che il Lou Reed di “Metal Machine Music”, ad aver voglia, ha molto da dire e il suono, sulla strada che dal Rock alternativo inglese arriva alla Germania dell’industrial e del rumorismo degli Einstürzende Neubauten può essere molto più ricca di quello che si pensa. Certo, non posso che darvi ragione, perché detta così sembra l’esperimento di Cage con i suoi 4’33”. Eppure vi invito ad ascoltare più e più volte, con attenzione, il passaggio “Alba” – “Ultimo” per cogliere la bellezza di questa ricerca sonora che va dall’elettronica distorta al rumore per tornare alla melodia e, infine, al canto. Passaggio davvero di grande bellezza.

“I” è un lavoro sperimentale senza essere avanguardia; è poetico senza scadere nella ricerca della difficoltà d’espressione e di comprensione; è ricco pur nell’atmosfera rarefatta che, in molti passaggi, si respira. Insomma, è davvero un bel lavoro. Dategli fiducia, ne verrete ripagati.

Articolo di Luca Cremonesi

Trackslist “I”

  1. Nebbia
  2. Maestrale
  3. Risveglio
  4. Stanca
  5. Stanza
  6. Scale
  7. Alba
  8. Ultimo
  9. Primo

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