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“Africani, Marocchini, Terroni”

“Africani, Marocchini, Terroni” di Davide Morgera, Goodfellas edizioni 2021 Davide Morgera, ex batterista degli Elettroencefalogramma e degli Underage, autore delle prime storiche fanzine punk del centro-sud (vedi “Shock”, “Magawave” e “Hate Again”), ci regala un

“Africani, Marocchini, Terroni” di Davide Morgera, Goodfellas edizioni 2021

Davide Morgera, ex batterista degli Elettroencefalogramma e degli Underage, autore delle prime storiche fanzine punk del centro-sud (vedi “Shock”, “Magawave” e “Hate Again”), ci regala un libro gustoso, un compendio completo sull’età d’oro del Punk italiano. L’aspetto più interessante e coinvolgente di “Africani, Marocchini, Terroni”, edito da Goodfellas nel marzo 2021, sta nel punto di vista usato: quello del nostro Sud, in un periodo magico durante il quale l’uscita di un album era ancora considerato un vero evento, i contatti tra i fan non erano affatto semplici e, dunque, sempre speciali, e i raduni diventavano un happening totalizzante in cui scambiarsi idee, energia, emozioni.

Jumpy Velena, nell’introduzione, centra subito il focus del testo: il gap generazionale che si generò nei primi ‘80 fra gli “inquadrati” (genitori, massaie, perbenisti) e gli eretici ribelli punk. Già dal primo capitolo l’impostazione del testo, che presenta una felice alternanza fra parola scritta e immagini dell’epoca, risulta vincente. L’integrazione visiva non risulta solo mero alleggerimento, ma è oculata, in tema, che si tratti di stralci di fanzine, manifesti pubblicitari o foto d’epoca (toccanti, nella loro autenticità).

Le radici sono importanti, e il libro fa nomi e cognomi da subito: le prime presenze punk a Napoli prendono vita intorno a un negozio sito in via Kerbaker: De Marco Dischi. È lì che nel 1980 iniziano a radunarsi i punk partenopei, spinti dal desiderio di comprare dischi, certo, ma soprattutto di sfogliare le neonate fanzine (Harpo’s Bazar, Mazquerade, Red Ronnie’s Bazar) e d’interfacciarsi con altri appassionati, con qualcuno che, insomma, non si limiti a giudicarli.

Davide Morgera ci descrive con calore e dovizia di particolari la primissima esperienza dietro le pelli con gli “Elettroencefalogramma”, attivi tra il ‘79 e l’80, formazione destinata a vita breve ma seminale per tantissimi motivi, compresa l’esplosione della sua personale passione per il movimento. La carrellata delle band che in quel periodo inizia a formarsi, e a calcare i palchi napoletani, sarebbe troppo lunga da riportare in questa recensione, ma senza dubbio il senso di un fermento vivo, di una fame quasi atavica, viene restituito dal testo in maniera fulgida.

Giunge così il fatidico momento della nascita di Underage, primo vero gruppo punk napoletano; galeotta la telefonata del chitarrista Stelvio, che conduce il nostro Davide all’incontro con Maurizio e Armando. L’inizio dell’avventura è tutta chiacchiere e teoria, con ¾ della band ancora in procinto di comprare lo strumento per poter iniziare le prove. Il grosso del tempo è pura fratellanza passata a inseguire splendidi concerti punk-rock, per divertirsi e succhiare dai loro beniamini tutto ciò che è possibile. I giorni, le settimane e i mesi, che in adolescenza sembrano immobili, che si allungano a dismisura come mai si permetteranno più di fare, proseguono con carrellate di viaggi al nord sfruttando l’appoggio degli amici di penna, con l’incontro di una scena diversa, sicuramente più avanti della partenopea, con la nascita delle prime fanzine scritte a mano e battute a macchina, in tirature limitatissime per rientrare nei costi.

La prima prova della band arriva con tempi a dir poco diesel, nel novembre 1981, nella saletta antistante lo studio del padre di Morgera; e anche se la strada è ancora lunga e quasi tutti sono alle prime armi, il fatto di partire subito con brani originali riesce a galvanizzare il gruppo, cementandone ancora di più l’unione. Il primo mitico concerto degli Underage è datato 22 maggio 1982, nell’ambito della rassegna “Trade Dance”, e non voglio andare troppo nello specifico per non rovinarvi la lettura del libro, ma il racconto di quel periodo d’oro, speranzoso, folle, ha una poesia da romanzo di formazione, fra gli alti e bassi, le prime crisi interne, e la voglia assoluta di spaccare tutto e farsi ascoltare dal mondo.

Lo ZX, il papà di tutti i locali di un certo taglio, autogestito da quattro ragazzi provenienti da città diverse ma uniti dallo stesso spirito, ospita il terzo concerto della band, che per l’occasione si presenta con una new entry: Giuseppe “Pippo” Maiello alla voce. I live continuano, e grazie all’appoggio dello ZX, alla rete formatasi attraverso le fanzine, gli Underage si ritrovano ad affrontare le prime date fuori Napoli, i primi inserimenti nelle compilation e, inevitabilmente, giungono alla registrazione del disco d’esordio: “Afri-Cani, Marocchini, Terroni”. La copertina, di grande impatto, è opera di Bounty Chiapparini dei RAF Punk, e il risultato, fulminante, è quello che, ancora oggi, viene ufficialmente considerato uno dei migliori album di hard-core punk italiani di sempre.

I ragazzi non lo sapevano, forse lo speravano, ma avevano fatto la storia. E lo scioglimento imminente, quasi annunciato per via delle divergenze interne, delle inclinazioni dei singoli componenti, delle difficoltà oggettive del periodo, e della vita che, volente o nolente, a volte ti porta un po’ dove pare a lei, non cambia questa verità, anche a quasi quarant’anni di distanza.

Risulta molto interessante anche la coda del libro, con le Postfazioni di Fabio Massimo Spinosa e Giuseppe Maiello, la Discografia Illustrata, gli scambi epistolari con l’amico di penna Enzo e la corrispondenza fotografata, commovente, con i Punk di tutta Italia.

“Africani, Marocchini, Terroni” è la polaroid letteraria di un periodo tanto vicino quanto lontano, nel quale la comunità era ancora reale, i contatti autentici, non filtrati dagli schermi di pc e smartphone, e i rapporti si tenevano in piedi per reale esigenza, con fatica, sfidando la distanza e il tempo. Un tempo durante il quale la musica suonata, soprattutto, era ancora speciale, sacra, e aveva un valore assoluto, oserei dire salvifico.

Articolo di Simone Ignagni

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