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Francesco Guccini “Canzoni da intorto e da osteria”

Il volume raccoglie la spiegazione del progetto dei due dischi di cover del cantautore

Di Francesco Guccini si compra tutto. Un po’ perché manca la sua presenza, visto che ormai il padre dei cantautori impegnati italiani si è ritirato nella sua Pàvana; un po’ perché lui è oggi un nonno saggio al quale tanti siamo affezionati. Quindi anche questo volume, uscito sul finire del 2023, intitolato “Francesco Guccini – Canzoni da intorto e da osteria”, edito da BGM, e distribuito da Universal, sia come volume a se stante, sia con i due cd allegati, è finito nel classico carrello dei sogni. Già, perché il testo, quando è stato messo in commercio, non aveva un prezzo accessibile. L’edizione singola era venduta solo sul sito, con aggiunta di spese di spedizione; mentre l’altra – quella con i 2 cd – di fatto obbligava ad acquistare nuovamente i due album, che erano già usciti in diverse salse.

Morale, si è aspettato. Il tempo è stato galantuomo, soprattutto a fronte di operazioni che, sia chiaro, non vedono coinvolto il Nostro, che credo non sappia di questi giochi. Ora, complice la legge del mercato, il prezzo è crollato, e anche l’edizione con i due cd costa poco meno di una pizza sul Lago di Garda. Una volta arrivato via posta, però, sorpresa delle sorprese: il testo è la riproposizione, pari pari, dei testi che sono contenuti nei due volumetti allegati all’edizione deluxe dei due cd. Insomma, scusate il gioco di parole, diciamo che l’intorto si è cercato di farlo subire a noi fan. Capisco tutto, ma certe operazioni, se nascono con queste finalità, meritano questo destino. Quindi, detto fra noi, il volume è da avere, per la bella edizione, per il fatto che è un cofanetto ben costruito, e perché completa la collezione, ma conviene prenderlo da adesso in poi, e cioè da quando lo si troverà sempre più in offerta, nelle ceste, e nei mucchi dei libri non venduti. È un peccato, perché se la cosa fosse stata gestita in modo diverso, questo sarebbe stato il classico gadget per i fan accaniti di Guccini.

Il volume raccoglie, nell’ordine, la spiegazione del progetto di questi due dischi di cover, un fatto anomalo, di per se, nella produzione del cantautore modenese. Poi tutti i testi, con tanto di traduzione e traslitterazione, quando cioè si tratta canzoni in dialetto. Infine, alcune riflessioni sui singoli brani. Un libro bello, al netto di quanto sostenuto sopra, che ci restituisce un Guccini narratore, quello che tutti abbiamo amato sia nei concerti, quando ci intratteneva raccontando la storia di ogni singola canzone, e poi quello che abbiamo letto nei suoi romanzi e saggi. Lo stile resta lo stesso, e lo si riconosce bene. Aulico, arzigogolato, ricco di parole desuete, e con una struttura sintattica che è marchio di fabbrica.

Bella anche la spiegazione del progetto, che di fatto è un amichevole sgarro fatto a Renzo Fantini, storico manager di Guccini, scomparso alcuni anni fa, che non aveva mai voluto un album di cover nella produzione del suo assistito. Dal mio punto di vista aveva ragione da vendere, però è altrettanto vero che questa operazione è nata come anomala. Si tratta sì di cover, ma non di altri cantanti.

Guccini – ed è questo il vero valore del volume – ci spiega qui il legame fra se e queste canzoni. Nel primo caso, si tratta di brani che venivano utilizzati per intortare – leggi ammaliare – ascoltatori e ascoltatrici. Il valore è duplice. In primis, la scelta delle canzoni. Poi si legge di un’epoca diversa, lontana dal nostro quotidiano. Per intortare le persone, infatti, si usavano canzoni come “I morti di Reggio Emilia”, “Ma mi”, “Sei minuti all’alba”. Insomma, testi non proprio leggeri, ma popolari di certo. Questo fa capire come la canzone, un tempo, aveva un valore intrinseco vero, reale e non costruito a tavolino come oggetto di consumo. Non solo, era un qualcosa che doveva scuotere, e attivare un riconoscimento per contrasto. Questa operazione di Guccini, dunque, diventa un tassello in più e che si aggiunge a un mondo che ha sempre rivendicato un valore artistico e popolare, e cioè del popolo, e dunque di tutti noi, della canzone.

Stessa cosa con le canzoni d’osteria, che oggi non solo non esistono più, ma sono state sostituite da Spotify, e casse in wi-fi. In osteria, ci si ritrovava dopo una giornata di lavoro, dopo una manifestazione, dopo un viaggio, dopo una discussione domestica; e si viveva di chiacchiere, di scambio d’opinioni e di grandi sogni. Il mondo veniva stravolto, ribaltato e rovesciato; i problemi risolti, e tutto diventava un posto migliore. Anche le canzoni avevano il loro ruolo in questo, ed era così per tutte le persone che, in quel micro cosmo, diventavano, anche grazie alla musica, collettivo capace di sognare per attivarsi. Il bar non era la location dello scazzo, del relax, e del senza pensieri; era lo spazio attivo dove dare un senso all’esser collettivo che caratterizza la nostra vita. Pertanto, il secondo volume di questa operazione di Guccini è quello più riuscito da questo punto di vista; quello cioè che racconta meglio il suo mondo poetico. Il volume è dunque una buona occasione per capire a fondo il mondo di Guccini, fatto di libri, album e canzoni. E di idee; e di quelle ne abbiamo davvero bisogno, in questo periodo.

Articolo di Luca Cremonesi

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