“Processo a Ferretti” di Carlo Passamonti (Amazon Print edizioni, 7 euro) è il classico libro nel quale si inciampa per molti mesi. Lo si vede, compare negli alert, l’algoritmo te lo mette ovunque ma, per qualche arcano motivo, non lo si compra mai. Sarà che il titolo non invoglia. Sarà che la grafica puzza troppo di cosa posticcia. Tutto porta a non aver voglia di imbattersi, nel 2024, anno di grazia del ritorno sulle scene dei CCCP, in quelle pagine che, con insistenza, riempiono mail e social.
Poi entra in gioco il caso. Il destino mette in ordine le pedine, e tutto si incastra. Si comincia incontrando, in modo fortuito, in una splendida versione di “Amandoti” degli URSSus & Gli Infedeli feat. Sara Berardinucci, così bella da offuscare quasi tutte le altre cover fin qui sentite. Così si parte alla ricerca di informazioni, e si scopre che “Amandoti” è il primo brano degli URSSus & Gli Infedeli, ma anche il nuovo tassello in un progetto multimediale più ampio, che ha già dato frutti in ambito letterario, e cioè “Processo a Ferretti”.
Ecco che torna presente quel libro. A quel punto, non resta che far torto o subirlo, come ebbe a dire il Poeta, e così, finalmente, lo si acquista per leggerlo. Già, finalmente… perché queste poche pagine (63 in totale, comprese le biografie dei personaggi coinvolti nel progetto) sono in realtà fra le più interessanti lette quest’anno. E pensare che di articoli, saggi, interviste e riflessioni ne sono state pubblicate nel corso del 2024. Tuttavia, queste poche pagine di Passamonti, grazie anche ad un simpatico espediente letterario, permettono di canticchiare, nella mentre, squarciato il velo della cecità; appare la bellezza, mai assillante né oziosa. Languida quando è ora e forte e lieve e austera.
Nel dettaglio, il testo presenta la riduzione teatrale di un racconto, presentato per la prima volta al BUK Fest 2023 di Modena (Festival della Letteratura Indipendente), e poi pubblicato in volume, ed evolutosi in testo teatrale ad opera di Flavio Sciolè. Distopico ed autobiografico, il testo narra la storia di un fantomatico processo a Giovanni Lindo Ferretti, leader dei CCCP, reo di aver tradito gli antichi ideali. Il processo inscenato è l’occasione per un viaggio nella memoria – non solo musicale – di un’intera generazione in un periodo cruciale della storia nazionale ed internazionale. Le canzoni dei CCCP fungono da trait-d’union di questo “viaggio” alla ricerca di un senso ormai perduto. Quando ancora, sotto la musica, batteva forte il cuore a chi quella musica la viveva e la sapeva ascoltare.
Questi i fatti. Ciò che colpisce del volumetto, però, è il punto di vista che viene sbattuto (finalmente) in faccia ai tanti critici di uno degli ultimi artisti che il nostro ormai povero panorama culturale d’avanguardia ha saputo produrre. Pag. 48, la chiave di volta. Attenzione: Ma che cazzo! Ora cominci a parlare come lui? Come possiamo processarlo se voi parlate come lui e peggio ancora pensate come lui? Amico, my friend, noi abbiamo sempre pensato come lui. Le nostre ossa, il nostro sangue e il cuore pensano come lui. Il problema è che lui non pensa più come noi!! Cioè come lui…
Questa è la traduzione, in testo teatrale, del passaggio che, a pag. 16, ha prodotto la vera folgorazione mentre, in modo disattento sfogliavo e leggevo queste pagine che, come detto all’inizio, avevo con metodo evitato di acquistare per molti mesi. Eccolo qua il passaggio che ha cambiato le carte in tavola: Tutti noi abbiamo tradito e ci siamo traditi. Tutto questo, forse, ci rende ancora più vicini a lui e simili a lui. Forse in questo “processo” si ricompone la frattura tra Lui e noi? Forse l’amore vince sul dubbio e le tenebre?
Se queste parole hanno fatto effetto, vi lascio scoprire il resto, perché ne vale la pena. Aggiungo solo una piccola riflessione. Ferretti, per chi lo segue, non è colpevole di nulla. Questo testo lo dice in modo chiaro ed evidente, mentre altri – chiaramente – lo lasciano intendere, ed è giusto così. Tuttavia, serviva qualcuno che dicesse le cose in modo chiaro ed esplicito. Lo ha fatto Passamonti, e ha deciso di utilizzare la forma racconto e quella del teatro. Il risultato della riflessione è semplice: Ferretti non è colpevole di nulla perché i primi ad essere cambiati, nonostante Ferretti e la sua musica, nonostante gli ideali professati in gioventù, e il tempo che abbiamo vissuto, quelli che sono cambiati, si diceva, siamo noi. Solo che a tante persone piace gettare le colpe su altri, e trovare un capro espiatorio, come insegna René Girard. E Ferretti si presta, con le sue frasi e con le sue idee, ad essere un perfetto colpevole.
Un bel volumetto, e altrettanto bella è la versione di “Amandoti” proposta a corredo.
Articolo di Luca Cremonesi