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Gianni Maroccolo “Memorie di un sonatore di basso”

Testo che fa parte di un progetto più ampio, che comprende la raccolta di partiture di basso, stampe di qualità e un cd di inediti

Il problema è che anche con i libri belli si arriva all’ultima pagina. E tocca chiuderli, appoggiarli e terminare così la lettura. Questo succede anche con “Memorie di un sonatore di basso” (Libri Aparte, editore, 20 euro), uscito ai primi di maggio del 2025. È un testo speciale per vari motivi.

In primis, la gestazione. Un testo che fa parte di un progetto più ampio, che comprende la raccolta di partiture di basso, stampe di qualità e un cd di inediti di Gianni Maroccolo. Il bassista, compositore e produttore toscano torna a collaborare con Libri Aparte dopo il progetto de “Il Maroccolario” (la nostra recensione), e lo fa con una campagna di crowdfunding che ha decretato un successo (forse) inatteso da molti. Per la musica questa procedura funziona, ma per un libro… E fra l’altro con un traguardo impegnativo, come lo era anche il progetto che, oggi, è diventato realtà. Potere di un artista, Gianni Maroccolo, che ha sempre saputo dare tanto ai suoi fan, che sono soliti seguirlo in imprese uniche per il panorama musicale italiano. Privilegio di chi, negli anni, ha lavorato bene, con onestà e in modo trasparente, senza alcun sotterfugio.

Poi c’è da dire che questo testo è inatteso perché Maroccolo, per chi lo segue, non è mai stato, almeno dal lato pubblico, un chiacchierone. Due anni fa ho avuto il privilegio di intervistarlo. L’emozione immensa di essere al suo fianco va di pari passo con un pudore nel raccontare il suo percorso. In un’ora di intervista non è uscito neppure un decimo di quanto, invece, Maroccolo racconta in queste 284 pagine. Ed ecco che il libro è un dono prezioso, davvero.

Il perché è presto detto. Maroccolo, che non è certo uno scrittore, apre le porte della sua memoria volontariamente e, seguendo Proust, involontariamente. Lascia fluire il flusso, come nel progetto “Alone”, e ne esce un testo che spariglia le carte, come nel Tresette. Terminata la lettura, avvenuta in meno di 48 ore, con molte ore presa a prestito dalla notte, e altre passate ad ascoltare i pezzi e gli album citati (per scrivere i dettagli di cui parla Maroccolo), subito inizia un gioco bello tanto quanto dotto. Ma in quella monografia non si diceva che… E in quello speciale di quell’autorevole rivista… Ma nel “Maciste” non si era detto che… Così si prosegue, per molti minuti. Poi bisogna prendere atto che questa scrittura è in presa diretta, ed è parte di chi quella storia non solo l’ha vissuta, ma l’ha scritta e ha contribuito a farla accadere. La vita vissuta vale doppio, si diceva nel film “Santa Maradona”, e così si mettono da parte i tanti bei saggi, gli special, le monografie e quello che, negli anni, si è appreso. Il tutto per rimescolare le carte e seguire un racconto che affascina sia per la sua ricchezza di particolari — in alcuni frammenti di certo, ma purtroppo non sempre — sia per la franchezza con cui il tutto è scritto.

Dalla chiusura dell’esperienza con i Litfiba, più o meno nota, ma qui fissata su carta, alla genesi del lavoro con i CCCP (pagine molte belle, ma anche queste in parte note), fino a quello che tutti vogliamo sapere, e cioè come lavoravano i C.S.I. Dalla nascita con “Maciste contro tutti” fino alla fine, con tanto di titoli di coda. Quello che manca, e resta uno dei più bei misteri della musica italiana, è l’avventura di “Linea Gotica”, storia liquidata (purtroppo) in pochissime battute.

Tuttavia, un senso c’è, e ci mancherebbe. Queste sono le memorie non di un gruppo, ma di un sonatore di basso che, nella sua carriera, ha fatto parte anche di progetti con altre persone. Appreso questo, si capisce come le parti più emozionanti siano quelle delle strade solite intraprese da Maroccolo, dal lavoro di Ivana Gatti alla collaborazione con Claudio Rocchi, dal rapporto con Giovanni Lindo Ferretti, al legame con Chimenti e con Telmo Pievani, scienziato di fama internazionale che firma anche il preludio del volume. Senza dimenticare la parentesi di “Alone”, il progetto Deproducers e, infine, “Nomadic”, del quale Maroccolo dice cose che condividiamo e che, nel nostro piccolo, avevamo intuito vedendo (la nostra recensione) e ascoltando (LEGGI la nostra recensione) questo progetto meraviglioso.

È poi molto interessante scoprire fra le righe — ma devo dire che non è molto celato — il senso del fare musica di Maroccolo. Consola sapere che tutto quello che si pensa è vero, e che tutto quello che si sente, dal vivo o in studio, è anche un modo di vivere, di essere e di stare al mondo. Tutte queste sono pagine e riflessioni davvero preziose, come d’altronde è un’emozione vera la porta che Maroccolo apre su una delle avventure più belle della musica italiana, e cioè il Consorzio Produttori Indipendenti. Maroccolo ci fa entrare in quel mondo, ci mostra luci e qualche ombra, ci fa capire come si lavorava e, allo stesso tempo, per chi vuol capire, dice molto del fare musica di oggi. La lettura di queste pagine e riflessioni fanno venire voglia che qualcuno, prima o poi, si prenda la briga di raccontare nel dettaglio, e con dovizia di particolari, questa bella storia. Ce ne sarebbe bisogno, visti i nomi che hanno ruotato attorno a quell’avventura.

Il testo, infine, si arricchisce di interventi di altri autori che sono presenti nell’indice del volume, sul modello dell’album A.C.U.A., disco solista che segna uno spartiacque fra un prima — l’avventura con i gruppi — e un dopo, cioè l’essere solista ma spesso in compagnia di compagni e compagne di viaggio. Proprio come in A.C.U.A., il volume “Memorie di un sonatore di basso” presenta firme e voci di Giovanni Lindo Ferretti (che bel testo!), Claudio Rocchi (pagine da leggere senza nessun suono di sottofondo), Telmo Pievani, Alberto Pirelli (e qui si capisce che non tutte le belle storie lasciano bei ricordi), Giovanni Gasparini (deus ex machina del CPI), Giorgio Canali (come si fa a non amarlo), Nina Maroccolo, Andrea Salvi.

Merita un commento l’ottima fattura del libro, ben rilegato, con carta di valore e qualità di stampa eccellente, a testimonianza di come la fiducia di Maroccolo sia ben ripagata da questa casa editrice. Non resta che riprenderlo in mano, a lettura terminata. Perché questo è un bel libro davvero, come pochi ne vengono prodotti nel nostro Paese, che sa fondere insieme storia vissuta, pensiero, esperienze tecniche e dettagli. Il tutto fedele alla linea, e cioè al fatto che se l’essenziale è invisibile agli occhi, allo stesso tempo bisogna sempre e davvero aver vissuto una vita, per poi poterla raccontare (anche in un libro).

Articolo di Luca Cremonesi

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