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Holdenaccio “Elliott Smith – Going Nowhere”

La graphic novel racconta bene sia la parte della formazione che quella della maturità

La Bao Publishing, la case editrice di Zerocalcare, spazia nel mondo della musica, e lo fa con un ottimo volume dedicato alla vita di Elliott Smith, cantautore americano scomparso nel 2003. La prima nota positiva di questo bel graphic novel è la dedica iniziale a Tuono Pettinato, morto prematuramente nel 2021, autore di una bellissima monografia a fumetti su Kurt Cobain. E così Holdenaccio, classe 1990, non solo omaggia un grande autore contemporaneo della letteratura disegnata italiana, ma inserisce la sua monografia nella scia del lavoro proposto da Tuono Pettinato. In altre parole, il tratto di Holdenaccio, in questa opera, ricorda molto lo stile del collega, e anche la narrazione che ne emerge. Le due vite complesse e, per certi versi, tragiche, pur se con enormi differenze su questo aspetto, di Kurt e Elliott (vero nome Steven Paul Smith) vengono trasfigurate grazie a un tratto che alleggerisce il peso esistenziale che viene raccontato.

La scelta, nel caso specifico di “Elliott Smith – Going Nowhere”, di alleggerire le ombre e le nuvole che pesano come un coperchio,passa anche per il colore. La parte di formazione, quella cioè della giovane età e dell’inizio dell’adolescenza, è disegnata con un tono rosso mattone, a rappresentare la vitalità di una fase esistenziale nella quale Steven scopre le sue potenzialità, e il suo talento artistico. La parte, invece, che racconta la partenza dal nido famigliare, e l’arrivo nella grande metropoli, è in neroblu. Colore della maturità e dell’apparente tranquillità. Apparente, appunto. Perché qui in città si consuma la parabola del Nostro, che, dopo il successo da cantautore, non riuscirà comunque a scacciare del tutto la sua solitudine e la sua inquietudine. Forse, ed è questa la proposta del graphic novel in questione, i fantasmi che lo hanno aiutato in gioventù, e cioè un amico immaginario dalle sembianze di un toro, avrebbero potuto salvarlo o aiutarlo. Chissà.

Di certo c’è che il graphic novel di Holdenaccio racconta bene sia la parte della formazione che quella della maturità, restando sempre fisso sul personaggio. Non divaga nel successo, non scade nel gossip, e neppure si perde nell’agiografia fine a se stessa. Se fosse un romanzo, sarebbe un Carver, senza dubbio. Solo l’essenziale, e nulla di più. Telecamera a mano, come nel cinema di Zhang Yimou, e solo riprese della vita in diretta del protagonista. Anzi, questa vita appare pure troppo rarefatta e solitaria, poco incline al palcoscenico e alle luci della ribalta. La vena poetica cantautoriale di Smith nasce nello scantinato. Smith è solo dunque. L’unica presenza è quella della fidanzata. E il ruolo femminile infatti è ben definito e ha a che fare con il successo personale del Nostro. Sarà la ragazza a inviare i demo alla casa discografica. Una bella storia di complicità, senza dubbio. Tutto, però, è destinato a finire. Senza dimenticare poi l’inevitabile rottura. La metropoli che diventa rifugio non stritola Smith, ma semmai lo isola e lo separa da affetti e da amicizie. Il tutto viene narrata con vignette che diventano più larghe, meno articolate, e nelle quali i particolari aumentano. La vita del Nostro viene messa sotto il microscopio e ingrandita. Qui si scoprono quelle sfumature che fanno saltare il banco della sua esistenza, e lo portano alla fine.

Un bel graphic novel per conoscere la storia di un cantautore unico e molto amato. Del quale, però, veniamo a sapere anche il lato oscuro, e cioè la violenza subita dal patrigno. La bravura di Holdenaccio è di non omettere questa parte ma, come insegna il miglior Dario Argento, quello cioè di Profondo Rosso, di mettere la scena in mostra, celandola. Ed ecco che alla fine della vicenda umana si viene a sapere della violenza subita da bambino e, a quel punto, ci si ricorda di una vignetta strana a pag. 48. Poteva essere tutto, dalla paura della notte, ai mostri che arrivano puntuali nelle camere dei bambini. E invece, purtroppo, era proprio quel mostro che si addentra in troppe camere dei piccini. La si rilegge quella pagina, per forza. Allo stesso tempo si guarda alle tavole successive con sguardo nuovo. Ne deriva una seconda lettura, da una porta diversa da quella dell’inizio del libro, che ribalta completamente quanto fatto fino a quel momento. L’atmosfera diventa meno leggera e più cupa. La storia del Nostro diventa una discesa, neppure troppo lenta, verso quell’inferno vissuto da bambino, e che lo ha fatto fuggire dal nido materno.

Non si sfugge, però, all’inferno in terra. Non c’è riparo. Se non nel gesto estremo che, per certe esistenze, è forse quella pace che non si riesce a trovare sulla terra. Ed ecco perché, con sapienza, Holdenaccio fa vedere, nel finale della sua opera, che ci potrebbe essere un risveglio. Tuttavia, questa rinascita sa molto, forse troppo, di sogno… perso ormai nel sonno eterno.

Articolo di Luca Cremonesi

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