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Paul Elliott “AC/DC Per sempre sulle autostrade del Rock”

Bel volume per i collezionisti ma che non aggiunge, dal punto di vista di storia e informazioni, nulla a quello che già si sapeva

Volume, come formato, impegnativo: cartonato, modello album fotografico, con tanto di ricco apparato iconografico a colori, e carta patinata. Dunque, bello pesante. Un libro/album per una delle band più importanti di sempre nel panorama del rock. “AC/DC Per sempre sulla strade del Rock” di Paul Elliott, traduzione di Daniele Follero, fresco di stampa, perché uscito l’11 settembre 2023 per i tipi di Hoepli (29.90 euro), è un bel volume per i collezionisti completisti, ma di fatto purtroppo non aggiunge, dal punto di vista di storia e informazioni, nulla a quello che già si sapeva sul gruppo. Certo, la scrittura è rinnovata, fresca, figlia di questa epoca, ma è un volume che non scava in profondità, non entra nella storia della band, e resta in superficie.

Il pregio è l’apparato fotografico. Bello, ben curato; non tutte sono fotografie inedite, ma molte hanno nuova vita grazie al formato del volume, e alla stampa digitale. Su tutte, una splendida immagine a pag. 213 di Brian Johnson, immortalato mentre si muove ed è, di fatto, sospeso in aria. Bellissima. Come, fra le prime pagine, alcuni scatti di Bon Scott, immagini che raccontano della carica rock e selvaggia del primo frontman della band dei fratelli Young. Ecco, un altro pregio del volume – ma, ripeto, non è nulla che già non si sapesse – è il ruolo centrale dei tre fratelli Young nella formazione, nascita e vita della band. Malcom, che giustamente è celebrato come il vero motore degli AC DC; Angus, il leader incontrastato del gruppo; e George, che a varie riprese entra ed esce dalla band, ma spesso produce e resta dietro alle quinte.

Fra le poche novità del volume, restando sul tema fratelli Young, c’è la parte finale del libro, dove si parla dell’allontanamento per malattia di Malcom. Due album, di fatto, registrati senza di lui in studio, con un tour senza la sua chitarra ritmica sul palco. A onor del vero, anche in questo caso, si tratta di materiale pescato qua e là da interviste che, chi segue le riviste di settore, ha già letto. Ma in questo caso tutto è ben condito con alcune immagini, non inedite, con materiale, però, si trova tutto unificato nello stesso capitolo.

Altra ferita aperta che andava quanto meno raccontata è la vicenda di Brian Johnson e del suo allentamento dal gruppo a metà del “Rock or Bust World Tour”, vicenda mai chiarita del tutto, se non con quello che è stato consegnato agli onori della cronaca: problemi di udito, fortunatamente poi risolti (forse così gravi allora non lo erano, meglio così…). E la cosa più assurda successa nella storia della band: Axl Rose dei Guns N’ Roses che prende il suo posto per portare a termine impegni contrattuali – leggersi concerti – già stabiliti. Il volume, qui, pecca e di molto. Non indaga, si limita a riportare quanto la stampa, e gli uffici addetti, hanno riportato. Un volume così ricco speravo potesse far chiarezza su quei fatti. Invece resta non solo alla superficie, ma neppure si lancia in una qualche ipotesi che può emergere dalle interviste dell’epoca. Era ed è una storia che andrebbe chiarita. Anche perché al termine di quel tour sul palco, di fatto, c’era una cover band con Angus alla chitarra, e Cliff al basso, che però aveva già annunciato il suo ritiro. Il capitolo dopo, senza colpo ferire, narra ciò che tutti sappiamo: qualche scatto fra i vecchi amici, che appaiono in anteprima sui social; esibizioni qua e là di Brian, che torna sui palchi a cantare e, alla fine, il nuovo album. Stop. Nulla di più.

Se questa è la parte più discutibile del volume, quella più gustosa, invece, resta la vicenda dell’arrivo e della ripartenza, proprio con Brian, operaio di officina, che salva la band e le imprime una direzione che, pur raccogliendo frutti già sbocciati, è quella che ha trasformato il loro sound in un mood ben identificabile. Il testo, in questo caso, dato che si tratta di una storia ormai ben codificata, va a incastrarsi perfettamente con la monografia dello stesso Johnson (la nostra recensione), che terminava appunto con l’arrivo in studio del cantante per registrare “Back in Black”.

Il libro di Elliott prosegue questa narrazione. Entra bene nei dettagli di paure e ansie per il nuovo debutto, per un album che, a tutti appare subito una bomba, ma che il pubblico dovrà approvare, e questo lo renderà il vinile rock più venduto al mondo. Un periodo di rinascita e di ripartenza non facile, ma che Elliott analizza davvero bene – ed ecco perché, invece, stride molto l’ultima parte. Entra nei dettagli, racconta aneddoti, cita interviste e aggiunge anche un’analisi personale – non troppo, ma c’è un accenno. Si stacca, insomma, dalla mera cronaca, e passa il limite, sottile, della critica musicale. Si appoggia sempre ad autorità esterne  -giornali e critici dell’epoca -, ma quanto meno analizza uno dei passaggi più delicati della band, e della storia del Rock. Una stagione, quei mesi, nei quali si è decisa una delle grandi svolte innovative del Rock, la penultima, quella prima di “Nevermind” per intenderci.

Il bilancio, considerando che anche la prima sezione, quella delle origini e della nascita del successo, è comunque fatta bene, è di certo positiva per questo grosso volume. Non è un testo da evitare, anzi. Lo ripeto, l’apparato fotografico è ben fatto; le schede di ogni album pure, con non troppi dettagli, ma quelli che servono per avere informazioni non sempre del tutto reperibili. L’unica cosa è che per chi conosce, e ha già letto bene, la vecchia monografia “AC/DC” (Arcana) di Murray Englehart e Arnaud Durieux (tradotta da G. Marano), non vi troverà grandi informazioni in più. Va detto anche che il volume arriva il Italia nel 2023, ma originariamente era uscito nel 2018, poi aggiornato nel 2023. In ogni caso, i pregi sono nella parte centrale, e cioè da “Back in Black” a “Who made Who”, senza scordare anche un ottimo capitolo sul batterista Chris Slade che, come molti sapranno, ha anche fatto parte di un super gruppo con Jimmy Page: The Firm.

Morale della favola: una bella strenna, a un prezzo del tutto accettabile, di questi tempi. Altro pregio del volume, e non è cosa da poco.

Articolo di Luca Cremonesi

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