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Tre Allegri Ragazzi Morti  “Expo”

Uno straordinario viaggio nel mondo fantastico e visionario della band mascherata per antonomasia

Resta aperta fino al 9 marzo a Pordenone la mostra “Expo” che da il titolo all’omonimo catalogo, che celebra i 30 anni di attività de I Tre Allegri Ragazzi Morti. Un volume che accompagna la mostra, in grande formato, edito dal Palazzo del Fumetto ad un prezzo davvero popolare, e cioè 20 euro, per un testo cartonato, di ottima fattura, a colori, e rilegato con filo refe. Insomma, un bell’oggetto, oltre ad essere un ottimo strumento per fare la summa di questa esperienza musicale a 360°, che è sfociata anche in un ver e proprio mondo artistico. 

I saggi che compongono questo volume mettono ben in evidenza il carattere ibrido di questa esperienza della band di Davide Toffolo, Enrico Molteni e Luca Masseroni. Dalla band ai live, dalla casa discografica all’etichetta, fino alle produzioni nell’ambito del comics e del graphic novel. Un legame che i Tre Allegri Ragazzi Morti (da ora in poi TARM) hanno saputo valorizzare in un’epoca, la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, dove il fumetto viveva una delle sua tante rinascite, legata, a quel tempo, al mondo delle produzioni indipendenti e della grande serialità made in Italy. E così da “Mondo naïf” (1994), distribuito in cassetta, e titolo anche di un’omonima serie a fumetti (volumi da avere in ogni raccolta che si rispetti), si passa alle altre auto produzioni “Allegro pogo morto” (1995) e “Si parte” (1996), mentre il fumetto diventa il modo di stare sul palco. Cosplay di se stessi, ante-litteram, prima che questa pratica diventasse moda e, oggi, motore delle fiere del fumetto. I TARM da subito hanno celato il loro volto, usando la ben nota maschera del teschio, e hanno affidato l’immagine dei loro album alla matita e al tratto di Toffolo. 

Ne è nato un ibrido, si diceva, che è di fatto un unico singolare che è figlio della provincia, Pordenone, e della diffusione underground, sia della musica che del fumetto, pre-social e pre-piattaforme. I TARM, dunque, sono forse l’ultima esperienza che ha saputo arrivare in tutto lo Stivale grazie al passaparola, ai live, ai loro prodotti – album, immagine, stile e fumetto – senza dover passare per compromessi commerciali. 

La mostra, e il catalogo in questione, testimoniano questa avventura. La prima parte è davvero molto interessante, con saggi di vere e proprie autorità. Da Igor (maestro del fumetto italiano) a Barbara Baraldi (curatrice di Dylan Dog), passando per lo scrittore Tulio Avoledo; il cantautore Vasco Brondi; gli scrittori Massimiliano De Giovanni e Enrico Sist; Carlo Pastore, direttore del Mi Ami Festival; Giulia Blasi, scrittrice e formatrice; Paola Bristot, storica dell’arte. Un apparato scientifico che analizza nel dettaglio l’esperienza di Toffolo e della sua band, mostrando la cifra mutevole della loro esperienza, e la crescita che hanno saputo affrontare sempre con grande consapevolezza, mai dunque in modo avventato. 

La seconda sessione del libro raccoglie gran parte del materiale presente alla mostra di Pordenone; tavole, disegni, storie, copertine, bozze e tutto quello che un disegnatore tiene più o meno nel famigerato cassetto. In questo modo c’è spazio per raccontare varie storie, dagli aneddoti provinciali di Brondi, al mondo del fumetto d’autore di Igort, passando per l’omaggio letterario di Avoledo, fino alle analisi puntuali del fenomeno TARM da parte di Giulia Blasi, che analizza bene, e con grande lucidità il tema della provincia, vera fucina di idee, da sempre, della nostra italietta. 

Scrive Blasi: Le canzoni dei TARM raccontano la provincia con l’autenticità che può avere solo chi la vive e non l’ha mai abbandonata, fuori dalla retorica del nonluogo isolato e depresso, con una serie di narrazioni micronizzate della vita dei suoi abitanti. Un passaggio lucido di questa narrazione che di fatto fa pensare ai lavori migliori dei TARM, da “Mostri e normali”, vero disco manifesto di questa band, allo splendido “La seconda rivoluzione sessuale”, per arrivare all’ultimo “Garage Pordenone” dove la band, ancora una volta, ha dimostrato di saper parlare al mondo – oggi comunque ferito – della generativa provincia italiana. 

Trent’anni di musica, coerente, e di produzioni artistiche, altrettanto coerenti con una linea e una direzione ben definita: valorizzare quelle esperienze che sanno di genuinità, e che sono nate sottovoce. Scrive Baraldi nel suo saggio: A volte, in un momento difficile arriva in tuo soccorso una canzone, un fumetto o un libro. È confortante sapere che, da qualche parte nel mondo, esiste qualcuno che ti assomiglia, che scrive parole che hai pensato e che ora puoi cantare o addirittura… sottolineare nella mente

I TARM, in 30 anni, sono diventati voce di molte persone minoritarie, apparendo più come un pungolo che come megafono; e un pungolo non appuntito, che non pizzica, ma che preme, si sente, e tocca il nostro corpo, la nostra mente e il nostro vivere quotidiano. Nella speranza, continua, che ogni fratellino scopra il rock’n roll e vada fuori controll(o). 

Un bel volume, che supporta e testimonia una bella mostra che racconta 30 anni di resistenza culturale. E se è vero che l’arte, in qualsiasi sua forma, è comunque sempre un rifugio, quello dei TARM è anche una tana calda, comoda, accogliente e nella quale ci si trova bene, e cioè ci si sente a casa, e sempre in piacevole compagnia. Mai soli. 

Articolo di Luca Cremonesi

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