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Bengala Fire intervista

Li incontriamo per conoscerli meglio in occasione dell’uscita di “Matador”

Bengala Fire

Il nuovo singolo dei Bengala Fire, “Matador” (qui la nostra recensione)  è un inno scaramantico ma anche un invito a reagire all’inettitudine che prende ispirazione dal racconto “La Capitale Del Mondo”, tratto dalla raccolta “I Quarantanove Racconti” di Ernest Hemingway. La storia diventa lo strumento narrativo con cui la band sceglie di raccontare il proprio rapporto con la musica.

I Bengala Fire sono Mattia Mariuzzo (Mario), Andrea Orsella (Orso), Davide Bortoletto (Borto) e Alexander Puntel (Lex). Nascono e crescono a Cornuda (TV), dove, nel 2010, a soli dodici anni, formano la band. Si sono classificati terzi ad X Factor 2021, distinguendosi per l’energia e il divertimento che naturalmente trasmettono sul palco. Da mesi in giro per live su e giù per la penisola, diversi singoli all’attivo (la nostra recensione di Jack(Non sa)), li incontriamo per conoscerli meglio.

Siete tra quei giovani di talento che si fanno la gavetta suonando tanto e accettando di pubblicare intanto solo singoli, ci vuole coesione all’interno nella band per “tenere” la prova … Fateci scoprire i Bengala Fire, chi siete, e perché avete scelto questo nome?

Ci sono due teorie per quanto riguarda il nome Bengale Fire (ridono), quella ufficiale è che risulta dall’unione di due parole con un significato preciso, e molto importanti a livello psicologico: il bengala rappresenta il punto di riferimento perché viene usato in ambito di emergenza, è un segnale che è un punto di riferimento ben visibile, anche in mezzo alle tenebre o alle tempeste; il fire è quello che ci sentiamo, che ci rappresenta dentro quando suoniamo, per la nostra energia che ci contraddistingue sul palco, racconta della nostra passione, abbiamo sempre il fuoco dentro, non si è mai affievolito

Beh, così avete già risposto alle altre mie domande!

Siamo fortunati, il nostro gruppo esiste da molti anni, ci conosciamo molto bene tra noi, nei pregi e nei difetti, e conosciamo come mantenere gli equilibri necessari per stare insieme in armonia, lo facciamo ormai in modo naturale, senza sforzi.

Avete iniziato a suonare insieme all’età di 12 anni …

Sì, è così, abbiamo iniziato quando eravamo in prima media, adesso abbiamo 24 anni, è la metà della nostra vita che suoniamo insieme! Eravamo davvero piccolini, abbiamo iniziato per puro e semplice divertimento, non pensavamo di instaurare una carriera a quell’età! Ma la passione non ci ha fatto mai fermare, o arrendere davanti alle difficoltà. Ci sono stati momenti un po’ più bui e difficili, e momenti più ricchi e floridi, oggi siamo qui, e abbiamo guadagnato qualcosa dalla nostra esperienza, lavoriamo a mani basse per andare sempre un pochino più avanti.

Avete iniziato con il genere musicale attuale o avete attraversato varie fasi, e l’anima della vostra musica è coesa o all’interno della band avete influenze e gusti diverse?

Quando siamo partiti, 12 anni fa, i nostri punti di riferimento erano Ramones, Guns’n’Roses, Nirvana, e Classic Rock in generale, la solita bella infarinatura di base. Abbiamo ovviamente iniziato con le cover, fatte più o meno bene … Dopo un po’ abbiamo iniziato a scrivere cose nostre, ma su quello stampo lì. A un certo punto, per caso, abbiamo scoperto gli Arctic Monkeys, tra l’altro tramite un pezzo poco conosciuto, “Cigarette Smoke”, che è in un ep. È stato amore a primo ascolto, ci siamo innamorai follemente di questa band, per un anno abbiamo ascoltato esclusivamente loro! Dai primi due dischi abbiamo imparato a suonare, io – dice il chitarrista – lì ho imparato a suonare anche la batteria. Ci hanno traghettato sulla musica inglese, parendo dal contemporaneo Indie Rock, abbiamo fatto un viaggio nel tempo musicale a ritroso, indietro negli anni ‘90, poi’ 80, poi ‘70, infine ‘60 per arrivare infine ai Beatles, che sono stati la scoperta folgorante. Partendo quindi dagli Arctic Monkeys siamo diventati grandi fan della musica british, e la nostra musica ha preso quell’impronta lì, digerendola e facendone la nostra versione. Molte altre band ce le ha fatte scoprire Lex quando è entrato nella band lo scorso anno, cose più crude.

Però la vostra versione ora è in italiano …

Adesso sì, un’ulteriore evoluzione all’interno del nostro percorso, ed è molto stimolante. Noi abbiamo iniziato a scrivere in inglese, ovviamente sviluppando comunque la nostra cifra all’interno dei testi, però dopo l’esperienza che abbiamo fatto a X-Factor Manuel Agnelli ha suggerito che provassimo a scrivere in italiano. Ci siamo buttati così, solo per provare, ma stiamo scoprendo che il cantare in italiano è nuovo e stimolante, una qualcosa dal sapore inedito. Come successo in passato con Battisti nella sua collaborazione con Mogol, che portava testi in italiano su sonorità di tipo britanniche, mi sento dire che ad oggi in Italia non sentiamo spesso artisti italiani che portano testi italiani su sonorità british. Ci auspichiamo che parta una nuova ondata di band italiane che trasportano sonorità internazionali rock nella musica italiana, ce ne sarebbe bisogno.

Per voi il processo di scrittura e arrangiamento come avviene?

Non abbiamo un solo metodo, un modo principe, metter insieme una canzone per noi può avvenire in molti modi. A livello musicale, l’idea e l’arrangiamento avvengono in modo molto veloce, ci capiamo al volo, basta andare in sala prove e suonare e la cosa viene da sé, in modo istintivo; per la struttura della canzone, scrivere il testo, fare un lavoro di rifinitura, questo invece porta via molto più tempo, è la parte “cervellotica” del lavoro. Quando si inizia a provare qualcosa di nuovo, quando si porta un’idea da sviluppare insieme, il prima aroma del testo, le prime parole dette, sono in inglese, nonostante poi la canzoni diventerà in italiano, perché quando uno ascolta un nostro brano in italiano le parole hanno una musicalità inglese, proprio perché l’impronta iniziale è in inglese.

I vostri testi sono densi, hanno un peso e un significato; a volte è più facile scrivere in inglese, tanto se non significano molto non si capiscono comunque, mentre in italiano non ci sono scappatoie, se le parole sono insulse arriva immediatamente … Date molto valore alle parole.

In italiano non puoi dire stronzate, ti sgamano subito! Non vogliamo dire banalità, cose scontate, non ci piace. Con l’inglese ti puoi permettere di fare molto di più, non solo perché qui lo capiamo il giusto e spesso non nelle sfumature, ma anche perché è ormai una lingua internazionale, la lingua del mondo, con infinite variabili d’uso, e poi si possono dire cose complicate in modo semplice, cosa che in italiano è assai più difficile. Vedi i testi dei Beatles, che a volte sono delle cagate, ma sono efficacissimi; forse in Italia lo sanno fare bene solo i Verdena, e anche i Baustelle ci riescono, che utilizzano bene delle parole, delle frasi, che da sole non significano niente, ma messe insieme fanno un grande testo .

La produzione Agnelli – D’Erasmo che impatto ha avuto su di voi, che siete un gruppo rock’n’roll e avete un vostro sound e una forte identità?

Abbiamo avuto modo di lavorare soprattutto con D’Erasmo, che ha un grandissimo rispetto per quello che facciamo e proponiamo. È su questo che secondo noi si misura la bravura di un produttore, mantenere l’anima della band, valorizzando gli aspetti sui quali da soli, magari solo per abitudine, non riflettiamo. Abbiamo davvero un forte rispetto reciproco; loro si mettono a disposizione con dei consigli sui pezzi inediti, ma oltre a dirci di provare a cantare in italiano, non ci hanno mai chiesto di cambiare approccio, suono, o metodo di composizione. Si fidano di quello che siamo in grado di fare, e ci dicono quali sono i punti forti. Per esempio con “Matador”, D’Erasmo ha solo tagliato pochi secondi alla fine e poi ha lavorato sui suoni, sui dettagli ma insieme a noi, è stato una guida in studio.

Dopo “Matador” cosa bolle in pentola? Nuovi concerti? State componendo per un album?

Si, stiamo componendo e  lavorando a nuovi brani, alcuni li stiamo già suonando live per testarli; saremo in giro per concerti fino al 18 settembre, poi lavoreremo a capofitto per completare i brani necessari per un album, che vorremmo aver pronto entro la fine dell’anno.

Poi nuovo tour?

Certo! Nei club, all’aperto, opener, headliner, bene tutto! Il New Age di Roncade è il club storico della nostra zona, Treviso, per noi è stata una grandissima soddisfazione farlo sold-out, e vogliamo rifarlo.

Il vostro disco della vita?

Il disco che faremo!

Beatles o Rolling Stones?

Beatles tutta la vita …

Articolo di Francesca Cecconi

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