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Cristina Donà intervista

Dopo sette anni di assenza dal panorama discografico, esce il suo nuovo progetto “deSidera”

Cristina Dona deSidera promo 2021 - foto Francesca Sara Cauli

Dopo sette anni dal suo ultimo album, Cristina Donà torna sulla scena con “deSidera” (qui la nostra recensione). Il progetto, che vede la partecipazione dello storico collaboratore e polistrumentista Saverio Lanza e che in questo caso ne è anche il produttore, è una fusione di classicità e sperimentazione tra suoni e testo, per descrivere un mondo in cui, come in mare, la mancanza di stelle che lo possano guidare per uscire da un mondo di silenzio e sconfitta di cui sembra essere prigioniero. Qui il nostro approfondimento.

Dopo sette anni di assenza dal panorama discografico, esce il tuo nuovo progetto “deSidera” che, casualmente, trae il titolo da una parola che etimologicamente parla di assenza di stelle. Come è nato questo progetto e soprattutto perché hai scelto questo titolo che parla di una forma di privazione?

Più che una forma di privazione, il desiderio in questione, ha a che fare con una mancanza, fisica o metaforica che sia. Un vuoto che fa dell’essere umano un’entità incompleta. E’ uno “spazio” che dobbiamo riempire, forse, per sentirci compiuti e che spesso ci trasforma in eterni insoddisfatti. Il desiderio è necessario per progredire, realizzarci e lo considero una benedizione, ma il modo in cui riempiamo quel vuoto fa la differenza. Mi sembra chiaro ormai che più i desideri sono effimeri e più abbiamo la necessità di ingolfarci, un po’ come con il “junk food”. Nell’era del consumismo sfrenato la soddisfazione dei nostri desideri ha prodotto risultati nefasti. La pandemia ha messo in luce ed esasperato molti processi, ma le dinamiche in questione erano le stesse di prima. Durante la scrittura dell’album, iniziata nel 2015, mi sono resa conto di aver puntato spesso i fari su questi temi, oltre che su me stessa.

La “mancanza” è un tema che ricorre nelle mie canzoni, non c’è un motivo preciso, è un tema che mi attrae. Nel caso di questo disco ho scoperto a posteriori che il “desiderio” era il tema portante di quasi tutti i brani così sono andata a cercare l’etimologia della parola che poi è diventato il titolo dell’album.

Nel disco vengono toccati vari argomenti come l’incomunicabilità in “Oltre” oppure il problema dell’ambiente in “Distratti”. Le canzoni sembrano diventare veri e propri moniti per l’ascoltatore. Credi che, per come è attualmente il nostro contesto, sia arrivato il momento di parlare chiaro alle persone, attraverso qualsiasi strumento, arte compresa?

Mi piacerebbe sentirmi come una lente d’ingrandimento, piuttosto che un monito o un rimprovero. Ciò che mi ha guidato attraverso la scrittura dei brani è prima di tutto un’osservazione di me stessa all’interno di dinamiche ristrette, quelle familiari, sino a quelle più allargate alla società. La volontà di capire cosa mi spinge a compiere determinate azioni e cosa posso fare io, come individuo e consumatore, per migliorare il presente. Le forze in campo, quelle che tirano le fila della nostra società, non hanno nessun interesse a farci diventare più consapevoli e non è semplice contrastare la strada tracciata da esse né rinunciare alle comodità alle quali siamo abituati, ma credo valga la pena provarci e dunque ho deciso di parlarne nelle mie canzoni. Ci sono stati e ci sono ancora molti personaggi, anche del mondo dello spettacolo, che hanno più volte sottolineato la problematica ambientale e il rischio per noi esseri umani rispetto ai cambiamenti climatici, non è certo una novità. Ora però i risultati di questi cambiamenti sono più evidenti che mai: l’emergenza è sotto gli occhi di tutti.  “Oltre” riflette su come sia difficile scardinare le proprie convinzioni, spostarsi dai nostri piedistalli, le nostre abitudini e come la paura, in tutto questo, giochi un ruolo determinante.

“Senza fucile né spada” è una canzone forte che si concentra sul primo lockdown. Come è nata e soprattutto come è stato creare un brano che va a toccare ricordi difficili e corde emotive molto profonde legato ai lutti che la pandemia ha provocato?

Il brano in questione è l’unico nato nella primavera del 2020, letteralmente. A parte brevi appunti, riflessioni sporadiche, in quel periodo non sono stata in grado di scrivere altro. La mia creatività era come paralizzata dall’angoscia di ciò che stava accadendo. Riuscivo solo a compiere gesti quotidiani utili alla famiglia o a fare telefonate per sentire come stavano amici e parenti. Questo la dice lunga su ciò che la paura, di cui parlavamo poco fa, può causare. In Val Seriana, dove vivo da quasi trent’anni, si è consumata una vera apocalisse e ciò è accaduto certo per la tragica incidenza del virus ma anche per la mala gestione dell’emergenza, in una regione dove la sanità pubblica è stata dissanguata in anni di scelte mirate ad incentivare il privato. “Senza fucile né spada” è nata con il desiderio di lasciare un segno, un ricordo, una testimonianza per non dimenticare.

Nel progetto i registri mutano e riescono anche a cambiare abito grazie alla collaborazione di Saverio Lanza, che è anche produttore dell’album. Nonostante il lungo sodalizio artistico la vostra produzione è piena di sperimentazioni e si percepisce una vivida ricerca sonora come se fosse il vostro primo incontro musicale. Qual è il vostro segreto?

Sono sempre stata fortunata con la scelta dei produttori. Saverio è una risorsa incredibile, non solo come preparazione musicale e strumentale ma anche come disponibilità nel mettersi in gioco, sempre. E’ curioso, entusiasta, una persona con la quale è facile lavorare, almeno per me e questo vuol dire non avere paura di potersi spingere su sentieri poco battuti, anzi, credo resti la parte più interessante del nostro lavoro: provare ad andare oltre.

Articolo di Alma Marlia

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