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Jamila intervista

Classe 2001, madre napoletana e padre algerino, è come si suol dire una giovane cantautrice

Jamila

Abbiamo incontrato Jamila nel cortile di una libreria caffè del centro di Firenze, un punto di ritrovo pomeridiano per gli studenti universitari. Lei, classe 2001, madre napoletana e padre algerino, è come si suol dire una giovane cantautrice.  Nel 2018 usciva sulle piattaforme social il suo primo album, “Ego”, autoprodotto, suonato dal vivo con l’ausilio di una sola chitarra, un lavoro che già al primo ascolto non poteva lasciare indifferenti. Quest’anno hanno visto la luce per Ferramenta dischi un primo singolo, “La dottrina delle piccole cose”, nel mese di gennaio, e poi un secondo pezzo, “Gesù”, il 9 ottobre, solamente due giorni dopo la nostra piacevole chiacchierata.

Jamila siamo venuti a trovarti in pausa studio?

Si, sto studiando Scienze forestali, ho cominciato a settembre e sono un po’ nel panico perché mi mancano tutti i fondamenti di matematica.  Sto impazzendo, oggi mi sono svegliata due ore in ritardo, sono arrivata a mezzogiorno a seguire la fine della lezione e non ci ho capito nulla …   Ma ora devo mettermi sotto. Se va tutto bene a novembre cominceranno i concerti e nel frattempo non so come andranno questi esami.

Un anno e mezzo fa ti avevo visto suonare a Mondeggi (n.d.r. fattoria occupata nei dintorni di Firenze) e in quell’occasione mi avevi colpito per la tua energia, il tuo trasporto. Ascoltandoti suoni e dici molto, ti esprimi. Ti piace parlare solo con la tua musica o ti piace anche parlare della tua musica, come stiamo facendo ora?

Quello che voglio dire attraverso la mia musica è che io scrivo nero su bianco per lasciare carta bianca.  Dico quello che sento ma la vera intenzione è fare suscitare altro in chi mi ascolta.  Quindi, di base, stare qui con te mi fa piacere perché possiamo discutere su cosa ne pensi anche tu, su cosa ha dato a te la mia musica, quindi è un piacere.

In quell’occasione cantavi il tuo primo album, “Ego”. Come lo avevi realizzato e distribuito?

Il progetto “Filosofonìa” è nato come progetto artistico dell’associazione culturale in cui facevo tirocinio alle superiori, a cui ho aggiunto un percorso formativo di 200 ore per organizzazione di eventi culturali e occasioni sociali.  Nel progetto scuola-lavoro mi sono stati commissionati prima due pezzi, da mettere in un album di artisti vari, “Filosofonìa” appunto, e poi sono stata incaricata di fare un album intero, “Ego.  Il disco è stato distribuito inizialmente da questa associazione e messo su tutte le piattaforme, in un secondo momento ho avuto la fortuna di conoscere un ragazzo che stava mettendo su una piccola etichetta, Ferramenta dischi, una realtà libera e sincera, e da quel momento è cambiata la distribuzione. L’incontro è successo casualmente, in tramvia, mentre lo aiutavo a trovare la fermata di un bus per andare in Puglia con gli amici… La ragazza che era con me, vedendo che loro avevano degli strumenti, ha detto che io avevo fatto uscire un album, il ragazzo lo ha ascoltato e… Con il cambio della distribuzione abbiamo dovuto togliere l’album da Spotify e registrarlo alla SIAE, e ora è in progetto rimetterlo in circolazione, tante persone lo ascoltano e lo richiedono.

Quando lo farai uscire nuovamente rimarrà come è? Li era voce e chitarra …

Non so se te l’avevo già detto, era un album registrato interamente con l’IPhone, l’avevo fatto da sola. Rimarrà come è, le canzoni rimarranno come sono, solo che nell’album nuovo ho ripreso tre delle sue canzoni e, lasciando la connotazione fedele a quella originaria, ho cercato di rappresentare la mia crescita in questi anni.  Non so se ributteremo fuori l’album anche con questi tre pezzi rifatti o se gliene mancheranno tre.

Farai due album in una volta quindi?

Sì e no … l’album nuovo è già concluso, l’ho finito i primi di settembre, è già chiuso.  Il 9 ottobre uscirà il nuovo singolo, “Gesù”, e poi la settimana dopo un altro singolo… L’album “Ego” uscirà per conto suo, come regalo di Natale forse, non so, sono cose di cui si occupa l’etichetta.

Il pezzo di punta dell’album “Ego” mi sembra fosse “Periferia”, no? Ci sono tante cose dentro, ma mi piace in particolare quando dici di avere intorno gente che mi rende meno ipocrita/più energica. Hai la fortuna di essere circondata da persone che ti lasciano essere te stessa?

Parlando di quando è nato il pezzo, non avevo gente intorno che mi facesse sentire meno ipocrita, perché non ho avuto un gruppo di amici molto solido negli ultimi anni della mia vita.  Avevo un gruppo di amiche con cui dovrò rompere perché ho rotto con la mia ragazza ed erano le sue amiche. Non c’è un gruppo di persone a cui mi riferisco nella canzone quindi, a livello concettuale le persone che mi rendono meno ipocrita sono quelle che mi ascoltano mentre canto.  Mi tolgono dall’ipocrisia che potrei avere pensando di scrivere per gli altri ma cantando solo per me stessa, invece essendoci loro ad ascoltare e provare emozioni sento di fare qualcosa di meno incentrato su me, di più utile anche agli altri.

Sempre in “Ego” c’è quest’altro pezzo, “Bohemien”, anche questo molto denso. C’è sofferenza esistenziale dentro a questo mondo e c’è la tentazione di trovare rifugio nella propria intimità.  La domanda è un po’ questa, quale sia la parte che prevale di te, quella che guarda il mondo e si muove per cambiarlo o quella più intimista… C’è questa idea in noi che abbiamo qualche anno in più che gli artisti della tua generazione si chiudano nel loro privato e siano meno rivolti alla critica sociale, alla collettività, come succedeva fino a qualche tempo fa.

Al di là del fatto che sono una persona altalenante, in cui queste due parti si alternano, direi che non c’è una parte che vince e una che perde.  Può succedere che quando la parte più intima prevale allora stia da sola, mi isoli, magari me ne vado sul tetto di casa o in posti dove so di non incontrare gente che conosco.  Le due entità comunque collaborano, mi formano dalla punta dei piedi all’ultimo capello. La mia intimità esiste se c’è qualcosa all’esterno da cui proteggermi, se rompessi i contati con la parte che scopre il mondo non avrei nemmeno piacere a rinchiudermi in me stessa.  Su cosa rifletterei? Da cosa scapperei?

Ma veniamo al pezzo appena uscito, “La dottrina delle piccole cose”. Gli arrangiamenti vanno oltre la chitarra pura del tuo primo album, è un vestito diverso, più elettronico come sound se vogliamo. Sarà così il nuovo album?

Vedi, qualsiasi etichetta in cui si voglia rinchiudere la musica per me non esiste.  Potrei dirti che ho uno stile cantautorale per il solo fatto che scrivo e canto le mie canzoni, in realtà se poi mi ascolti in paragone a De André c’è poco a che vedere come musicalità… Il pezzo nuovo io lo descrivo come più maturo, perché ho avuto la possibilità di realizzare le suggestioni che volevo dare attraverso le parole anche tramite l’arrangiamento, grazie alla collaborazione con il produttore Zibba.  A me da fastidio, ma questo singolo è stato definito pop, perché le musicalità sono, come dici te, più elettroniche, New Age se vogliamo…

Hai anche sonorità soul a un certo punto…

Questo già meglio … Il singolo comunque, come ogni singolo che uscirà, ha una musicalità sua, l’album sarà un mosaico di varie cose, una pluralità di musicalità infinito.

Dentro un disegno di album, dunque?

Si, che non so dentro cosa possa essere racchiuso.  La cosa che può accumunare tutti i pezzi è la verità che cerco di esprimere a livello di sentimenti, che a seconda della storia che racconto cambia.

Jamila

“La dottrina delle piccole cose” parla di una storia d’amore giusto? Nasce da un’esperienza personale? 

Il brano nasce da dentro, dalla pancia che ospita e ha ospitato fino a poco tempo fa un forte sentimento d’amore per una persona che mi ha accompagnata negli ultimi due anni della mia vita, che mi ha donato tanto e che mi ha fatto capire l’importanza delle piccole cose.  Mi ha fatto capire che le piccole cose sono state quello che ci hanno fatto innamorare e continuare ad amarci. Sono arrivata a casa un giorno, ho fatto un accordo sulla chitarra e ho iniziato a cantare. Mi capita spesso ma questo pezzo è proprio nato da solo, soprattutto la prima strofa, la dottrina delle piccole cose…  Che dirti di più, ti ripeterei cose che ho già detto, che è una filosofia di vita, che è un inno per me ma anche un messaggio per gli altri, per fare capire quanto a volte basti lasciarsi toccare, penetrare dall’altro per farsi cambiare, riscattare la propria vita, la propria anima… Piccole cose sono tutto, perché tutte le grandi cose sono fatte di piccole cose…. Quando io personalmente ho trovato piccole cose da rispettare, da amare, da portare avanti nelle mie giornate, ho avuto una stabilità spirituale maggiore. Nel momento in cui riesci a capire quali siano le piccole cose cui dare importanza, che ti guidano e ti sostengono, rimani ancorato a terra ma puoi anche volare.

Capirà tutto questo la gente che lo ascolta?

Non lo so. Tante persone hanno capito l’amore che è espresso in questo pezzo e tante si sono proprio ritrovate, quindi …  Non è un testo che parla direttamente delle piccole cose, ma se una persona vuole fermarsi a leggere riesce a trovare il messaggio.  In ogni caso, preferisco sempre che trovi il suo.

Senti, si tratta di amore per una donna. Un aspetto che non nascondi, che vivi con estrema serenità. La scelta di condividerlo pubblicamente significa solamente essere te stessa o vuoi anche dire qualcos’altro?

Mah, vedi… ho scoperto che mi piacevano le ragazze quando avevo tredici anni, un periodo in cui ho sofferto tanto.  Non è stato facile, anche a livello sociale, vivere questa diversità.  Ora sono Jamila. Non sono lesbica, non sono altro, sono Jamila e sono in totale serenità con questa cosa. Essere me stessa mi rende libera perché mi toglie da ogni identificazione, la dottrina delle piccole cose non è l’esigenza di fare sapere che io amo una donna, ma che io amo, e di raccontare una storia, esprimere un sentimento… Non ho bisogno di rivendicazione.  Soprattutto in questa tematica le rivendicazioni che vengono fatte sono fatte male…

La questione sarà davvero superata quando sarà davvero irrilevante, come dici tu. E il singolo invece, “Gesù”?

“Gesù” introduce il concetto di profano però rivisitandolo.  Cos’è il profano in realtà? Tutto è relativo.  Il concetto di profano è affiancato all’espiazione di un peccato originale che non ci appartiene, quindi il pezzo introduce alla libertà espressiva dei sentimenti erotici, anche sbagliati, perché sbagliare è umano.  Il singolo successivo, invece, che non ti dico come si chiama, svilupperà di più il tema della promiscuità sessuale.  La prima frase dice siamo giovani che scalpitano a letto, sia dal punto di vista del fervore di questa generazione molto attiva, molto frenetica, anche perché in un mondo del genere cosa vuoi essere se non frenetico, sia dal punto di vista di una realtà di rivendicazione che è partita dagli anni Sessanta, con la prima rivoluzione sessuale, fino ad arrivare a oggi, quando però pare che alcune cose ce le siamo dimenticate.

In realtà gli strumenti che abbiamo sono molto forti per rivendicare la legittimità dell’eros, del sesso in quanto tale, in quanto atto che si fa esprimendo la propria natura, che parte dalle viscere.  Spero che un giorno si arrivi a lavorare tanto a una concezione del genere, perché la gente non se lo vive bene. Siccome la canzone non parla direttamente di questo, vorrei fare un video proprio per sviluppare e far arrivare il concetto. Vorrei che con questa canzone, come altre che spero di scrivere, possano spingere le persone a rivalutare una concezione libera della sessualità, che si snocciola in sesso o in pensieri che di per sé, nella condivisione, è come se fossero un altro atto sessuale.  L’espressività sessuale, il bisogno di emancipazione, ricorrerà in altri pezzi dell’album.

L’idea di procedere a singoli ti piace? Lo hai scelto tu o te l’hanno proposto?

Si, mi hanno fatto ragionare sul fatto di essere artista emergente e di dover trovare il modo di farmi conoscere.  In realtà questi passaggi si stanno dimostrando funzionali alla figura che voglio che la gente abbia di me, mi permette di esprimere la mia identità piano piano.

Ma veniamo alla domanda più classica, cioè chi ti abbia ispirato.  Citi la seconda stella a destra in “Bohemiene”, non so se sia Bennato…

È citazione di Peter Pan ma anche di Bennato, uno dei cantautori che ho ascoltato di più da bambina, quindi anche involontariamente la citazione c’è.  Seconda stella a destra è stata la mia ninna nanna per tantissimo tempo… Bennato, De André, Guccini, Gaber, De Gregori,  e via dicendo… Quello che mi ha ispirato dei cantautori è la capacità di espressione della propria intimità, da loro ho imparato tanto.  Parlando di più recenti direi Mannarino. Quando ero piccola piangevo perché erano morti Janis Joplin, Amy Winehouse, sentivo di non avere una colonna, un riferimento in questo mondo, ma poi ho sentito Mannarino che raccontava storie, anche dolorose ma vere, e non gliene fregava un cazzo se facessero male…

Ci hai mai suonato insieme?

Sfortunatamente no, però ho visto un suo concerto, il più bello della mia vita, e so tutte le sue canzoni a memoria, perché l’amore della pancia funziona molto di più di quello della testa.

Anche lui ha cantato Gesù…

Si, La Maddalena, il primo pezzo che ho imparato a suonare di lui e il primo pezzo che ho imparato a memoria, il pezzo che mi ha ispirato tantissimo in questo concetto del profano, della promiscuità, del peccato originale che non esiste. Poi parlando di estero ho ascoltato molti artisti, non te li sto neanche a dire, tutta la cultura rock… e poi Bob Marley is my Jesus!

Chi ti ha fatto sentire i cantautori?

Nessuno, li ho ascoltati da sola, in certi ambienti, nel collettivo studentesco per esempio. Per tante passioni riconosco il merito solo a me stessa.

E di tuoi coetanei italiani?

Oltre ai cantautori, sono partita a quattordici anni avvicinandomi anche ai miei coetanei dell’ambiente indie, sono di quell’estrazione lì. La loro è un’ulteriore evoluzione dell’espressione dell’intimità, è una cerchia di persone racchiusa sotto questa parola indie che mi ha aiutato a capire come si esprime la propria sensibilità, le cose che si sentono, che si pensano…  Penso a Tommaso Paradiso, che non è proprio un coetaneo ma che nei primi The Giornalisti ha tirato fuori un’intimità di sentimenti e sofferenze incredibile, poi ti dico Calcutta, il dio dell’indie, La Rappresentante di Lista, ma tantissimi, Fast Animals and Slow Kids, i Gazelle, I Cani, Niccolò Contessa…

Ne salvi  qualcuno della scena trap?

No. Non riesco proprio ad ascoltarla, mi da fastidio l’autotune, e poi le basi… non mi arrivano… loro facciano quello che voglio, io mi dissocio.. In realtà non posso permettermi di giudicare troppo questo ambiente perché non lo ascolto, gli unici che salvo sono Laza, che ha delle liriche forti, Easy, che è tanto che è nel’ambiente ed è passato dal rap alla trap, ha rifatto Dolcenera di de Andrè aggiungendo un suo storytelling favoloso… Poi Ernia anche…

Hai tutte molte iniziative ora, stai facendo uscire un sacco di cose. Non è il momento ideale come sappiamo … come lo vedi il futuro?

Con la mascherina.

Online?

La speranza sono i concerti, e comunque saranno con gente davanti con la mascherina. Spero di poterli fare anche perché ne ho bisogno, ho bisogno di suonare…  Detto sinceramente poi, non sopporto più le interviste online, me le stanno facendo da quando è iniziato tutto.  In alternativa mi mandano le domande che oltretutto sono sempre uguali, c’era un periodo che me ne arrivavano tre al giorno, tutte uguali, leggetevi le altre interviste almeno prima…

Ultima domanda: Rock Nation è una rivista fiorentina, come trovi questa città in rapporto agli artisti e a chi vuole suonare?

Una città mafiosa, c’è un collettivo in cui se entri hai le date, ma se sei un emergente qualsiasi ti trattano male, ti fanno suonare un’ora e mezza dopo… C’è gente che suona spesso, sono sempre loro… io ho avuto la possibilità di suonare due volte a Firenze, sempre alla Noaf.

Hai suonato ai Circoli ARCI intorno a Firenze…

Si, a Colonnata a Sesto, dove ho conosciuto una mia grande amica, e alla Casa del Popolo di Grassina.

Bene, grazie Jamila. Quando uscirà l’album, se ti va, ci rivedremo..

Certo, se sono di persona le accetto le interviste!

Articolo di Marco Zanchetta

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