Gianni Maroccolo e Hugo Race il 2 novembre fanno tappa al festival “Il Rumore del Lutto” che, quest’anno, si conferma come una delle rassegne musicali più stimolanti e interessanti del Nord Italia. Con “Tener-A-Mente”, “Il Rumore del Lutto” è senza dubbio un festival che, pur non rinunciando a un approccio pop, con un ammiccamento al mainstream (senza eccedere), porta in Italia artisti e proposte musicali, nazionali e internazionali, di alto profilo. Quest’anno, poi, da Gavin Friday (il nostro live report e la nostra recensione) a Teho Teardo & Blixa Bargeld, fino al “The Vigil” tour di Gianni Maroccolo e Hugo Race, tappa della serie di concerti per promuovere l’omonimo album (la nostra recensione), che hanno suonato nello spazio “Chiesa BDC28”, il Festival si è decisamente imposto all’attenzione di un pubblico raffinato, colto e desideroso di ascoltare suoni e musica non convenzionali.

C’è da dire, in conclusione, che alla proposta musicale interessante ed unica, si sono aggiunte quest’anno location davvero suggestive, che hanno completato il mood del Festival e dei concerti proposti. Un’ottima proposta, insomma, che ha saputo lavorare con passione, dedizione e senza cedere allo “Spremiagrumi per umani”, come cantato da Teardo & Bargeld nel concerto di ottobre 2025.

Un live notturno, in una notte piovosa, con lampi all’orizzonte; il tutto in una vecchia chiesa sconsacrata, trasformata in spazio per eventi. Uno spettacolo non per grandi folle, che però è andato sold out, per ascoltare un progetto che ha visto uniti Gianni Maroccolo, già basso dei Litfiba (e il 2026 lo rivedrà in formazione…) e C.S.I. (e anche in questo caso il 2026 sarà un anno importante…), e Hugo Race (già al fianco di Nick Cave e Blixa Bargeld). Luci basse, pubblico raffinato, con adepti, veri e attenti, dei due musicisti. Anzi, la sensazione era quella di essere in famiglia, fra persone che sapevano cosa stavano per ascoltare.

Race è noto alla scena italiana sotterranea, per progetti suonati e realizzati nel Belpaese; Maroccolo, oltre che per il suo passato, in questi anni si è messo in movimento e, a conti fatti, di progetti ne ha macinati parecchi. I due, dunque, si incontrano in un autunno anomalo, alle porte di un 2026 ricco, per fare un giro con un album che, confesso, mi era piaciuto, ma lo avevo messo da parte. Ero convinto che un live non ce lo avrebbero mai regalato, per via dei progetti solisti in essere, ed invece…

Ed invece ecco le sette tracce di “The Vigil” eseguite integralmente, nell’ordine, fra l’altro, del disco che è uscito qualche mese fa. In aggiunta, poi, “The Face”, “How You Feeling” e “Dantis Amor”, tre tracce contenute nel singolo uscito nel settembre 2025. In chiusura, l’unica cover, “Del Mondo”, brano dei C.S.I. che però viene coverizzato non tanto dalla versione di Ferretti & Co, ma dalla versione reinterpretata da Robert Wyatt (presente nella raccolta “Noi non ci saremo” vol. 1). Una versione semplicemente splendida, che strappa applausi sinceri perché, si diceva, il pubblico presente in sala non è formato da fanatici adoranti, ma da fan che sanno quanto Maroccolo ami sperimentare, manovrare, ritoccare, e non riproporre in modo fedele. Nessuno stravolgimento alla Dylan, ma di certo un amore per la materia magmatica, essenza di un fare musica che lo caratterizza soprattutto nella sua produzione da solista.

E così anche il concerto è la riproposizione dei due lavori di Race e Maroccolo, ma il tutto è spostato un po’ più in là, e cioè allontanato un poco dalla mera riproposizione meccanica. La formazione è la sacra triade, e cioè basso, batteria e chitarra/voce, affidata al cavernoso Race, mai come in questo live vicino al Cave con il quale, a inizio carriera, ha lavorato. Di certo non sciamanico, e neppure curatore come spesso si presenta in scena il cantante australiano, ma neppure personaggio pop, con anima da mercante. Dunque, perfetto prolungamento di un Maroccolo in vero stato di grazia, come accade quando si mette sul palco.
Manovra pedali (messi ad altezza mani), suona il suo basso e beve da un bicchiere appoggiato con sapienza fra le sue strumentazioni. Si diverte, come d’altronde si diverte lo stesso Race, che nei testi in lingua italiana, “La Pace”, “Del Mondo”, “Dantis Amor”, sfoggia una cadenza lontana dallo slang farsesco, ma capace di arricchire l’atmosfera dark di questi brani, cosa che nelle registrazioni in studio non appariva così evidente.

La veglia, con le sue fasi, dall’insonnia ai pensieri che si intrufolano nella mente, fino alla fatica del peso della notte, viene così cadenzata in questo spettacolo che è un racconto, e cioè la narrazione di luoghi – “Phoenix” e “Pandora” – dove la coscienza si perde, per risvegliare un’esistenza che vive d’invisibile (il tema dell’edizione 2025 del Festival), e che è destinata a sparire nelle zone di confine, dove ci ritroviamo soli davanti al nostro essere. I filmati che accompagnano il concerto raccontano questa dimensione, con immagini e suggestioni che sono accompagnate da una chitarra che ricorda molto le sonorità che oscillano fra Ribot e Tom Waits, fino ai lavori solisti di Race, quelli più introspettivi e meno New Wave (“100 Years”, ma anche gli ultimi lavori con i The True Spirit, per atmosfere, non tanto per suoni).

“Del Mondo”, dunque, è il brano che più si adatta a questo spaccato sonoro, perché è una canzone/preghiera, ma anche un vero mantra circolare, che la voce di Race trasforma in quel risveglio che avviene dopo una veglia travagliata, lunga, pungente e dove si deve fare i conti con se stessi, con i fantasmi di una notte lunga, pensate e collosa. “Povertà magnanima, mala ventura / Concedi compassione ai figli tuoi / Glorifichi la vita, e gloria sia” si trasforma in un saluto, perché il giorno è finalmente arrivato, e non si esce a riveder le stelle, ma si può salutare quella notte che ci ha tenuto sulla soglia, fra insonnia e visioni, fra confini e sconfinamenti, fra luci e ombre.

Uno spettacolo e un concerto minimale dove la potenza di due iconici personaggi basta a far emergere ottima musica. Segno di un artigianato raffinato, di un modo di fare musica che non impone set che devono distrarre da tutto quello che è, a conti fatti, poca cosa. Qui c’è senso e sostanza, anzi… forma e sostanza. Se vi piace la musica che non lascia indifferenti, questo è un progetto live da ascoltare, vedere e al quale assistere con partecipazione.
Articolo di Luca Cremonesi, foto di Moris Dallini
Set list Gianni Maroccolo e Hugo Race Parma 2 novembre 2025
- Preface
- The vigil
- Phoenix
- Soldiers
- La pace
- Pandora
- Where Does the Night Goes?
- Dantis Amor
- How You Feeling
- Duru Duru
- Del mondo
