C’è un punto, nella musica, in cui la tecnica smette di essere virtuosismo e si fa empatia. “Rappresentazioni”, il nuovo ep di Alberto Marson, esce proprio da lì: da quel confine sottile tra il rigore della composizione e la fragilità delle emozioni umane. Pubblicato il 27 marzo da Stellare, questo lavoro non è semplicemente un ascolto, ma un incontro: con l’altro, con sé stessi, con tutto ciò che non trova spazio nel linguaggio delle parole. Sette brani, ognuno ispirato da un’esperienza reale, da un vissuto raccolto durante sessioni di gruppo in cui le persone hanno condiviso frammenti profondi della propria storia. E quei frammenti, poi, hanno preso nome e suono. Marson li ha ascoltati, metabolizzati, e restituiti in musica, trasformandoli in composizioni che non raccontano storie, ma le incarnano.
“Amore Universale” apre l’ep con la delicatezza di un gesto che accoglie. Gli archi, larghi e avvolgenti, creano una sospensione che non ha bisogno di dire troppo: è un sentire che fluttua, come uno sguardo pieno che non cerca spiegazioni. Il pianoforte compare appena, come se fosse lì solo per ricordarci che esistono ancora i dettagli. Con “Sbloccati” cambia tutto. L’armonia si fa più densa, più ruvida. I toni jazzati e i fraseggi irregolari sembrano voler rompere qualcosa un muro, una tensione, un’abitudine. E lo fanno con classe: non esplodono, ma insistono. Come certe domande che non fanno rumore, ma ti cambiano dentro.
“Autoriconoscimento” è uno specchio. L’intreccio tra il pianoforte e i pad ambientali costruisce un passaggio fragile e mobile, in cui le certezze scivolano e la melodia si cerca. È una delle tracce più intime, non per il tono, ma per lo sguardo che costringe a rivolgere verso sé stessi. “Il mio nuovo posto” sembra raccontare un passo oltre, un movimento. Ha una dimensione narrativa quasi cinematografica, ma senza didascalie: ogni suono è un passo, ogni pausa è un respiro. La scrittura armonica qui diventa luogo: ti fa sentire dentro una stanza nuova, mai vista prima, ma già tua.
Poi arriva “Pace”, che non è una risposta, ma una pausa. Un brano per solo pianoforte che non cerca di consolare, ma di stare. Lento, essenziale, disadorno, come un silenzio che finalmente trova il coraggio di restare. La tecnica, qui, si fa invisibile: c’è solo verità. “Fine del conflitto” è, come suggerisce il titolo, la resa dei conti. Costruito in tre sezioni, il brano parte da una ritmica spezzata, quasi ostinata, che piano piano si dissolve. È tensione che si snoda, rabbia che si placa, caos che impara a respirare. Non c’è un lieto fine: c’è un dopo, che basta. E infine, “Sentimenti”. L’ultimo brano è quello che rimane. La melodia si mostra e si nasconde, i timbri si sovrappongono senza mai sovrastarsi. È come un diario chiuso in un cassetto: lo apri, e ci trovi dentro cose che non ricordavi nemmeno di aver scritto. È dolce, ma non zuccherino. Sincero, e tanto basta.
“Rappresentazioni” è un lavoro che non vuole stupire: vuole toccare. Marson scrive con la precisione di chi conosce la teoria, ma suona con la vulnerabilità di chi ha vissuto davvero. Ogni brano è un invito, mai un’imposizione. Nulla è lasciato al caso, eppure nulla suona costruito. È come ascoltare qualcuno parlare con onestà assoluta: non servono effetti, solo intenzione.
La forza di questo ep sta nel suo coraggio silenzioso: quello di restare fedele alle emozioni, senza scivolare nel sentimentalismo. È un lavoro che va ascoltato più volte, con pazienza, con disponibilità. Non per capire, ma per riconoscersi, perché “Rappresentazioni” non si spiega: si sente, si vive, e, se ci si lascia attraversare, rimane.
Articolo di Silvia Ravenda
Track list “Rappresentazioni”
- Amore Universale
- Sbloccati
- Autoriconoscimento
- Il mio posto nuovo
- Pace
- Fine del conflitto
- Sentimenti
Alberto Marson online:
Instagram: https://www.instagram.com/albertomarsonmusic/