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Country Feedback

Country Feedback “Intermission”

La peculiarità e il più grande pregio di questo album stanno nel somigliare solo a se stesso


“Intermission” è una creatura singolare, un unicum nel panorama musicale odierno, che ha la sua peculiarità e il suo più grande pregio nel somigliare solo a se stesso.          
E scusate se è poco.   
           
Il secondo album del progetto Country Feedback, che vede la luce per MiaCameretta Records l’11 marzo 2022, in nove canzoni riesce a gestire e amalgamare una serie paurosa d’influenze apparentemente lontane fra loro (Indie-Rock, Alternative, Black Music, Pop-Rock). Ad accostare questi mondi, rendendoli omogenei, ci ha pensato la sapiente mano dell’alchimista Antonio Tortorello, capace di scovare la rara formula della riconoscibilità, del marchio originale.        
     
Si parte con “Orson Welles”, ed è già in questa opener che si possono cogliere tutti gli elementi che caratterizzeranno il resto della proposta. L’attacco è un bel riff di chitarra alla Interpol, tagliente e affilato, su cui si muove una linea vocale diretta e schietta, che resta impressa. L’idea di giocare di più sul versante melodico, rispetto al precedente “Season Premiere”, è evidente, ma l’approccio non è quello dello stravolgimento, quanto piuttosto di una miscelazione diversa degli stessi elementi compositivi. I controcanti sono in perfetto stile R.E.M. anni ‘80, così come sembra direttamente pescato da “Fables Of The Reconstruction” il riff che anima la seconda parte della canzone.  

A fare da spartiacque, ovviamente, non poteva che esserci la calda voce di Orson Welles, genio indiscusso nonché padre fondatore di quell’universo oggi chiamato “Fake News”, e la riflessione sui social e sul “mondo parallelo” che sembra governarci ormai da anni arriva potente, per niente edulcorata dal simbolismo.  

“Not Quite My Tempo” parte con un riff spoglio di chiaro stampo Indie, subito riportato ad altre fascinazioni grazie a un ritmo batteristico dal sapore sudamericano (notevole il lavoro dietro le pelli di Massimo Ceci). L’andamento aperto è alimentato dalle armonizzazioni che puntano sulle ottave, e l’appeal diventa addirittura giocoso quando s’inserisce la tromba di Giulio Bozzo sostenuta dal clap-hands (una delle peculiarità percussive tipiche dello stile del Nostro); la distensione con cui arriva la ripetizione del titolo va a contrapporsi nettamente con l’atmosfera di tensione ansiogena della scena filmica a cui fa riferimento il brano (l’acclamato “Whiplash”, del 2014).  

“Enemy”, il primo singolo estratto, è corredato da un magnifico videoclip diretto da Mattia Viselli: una sorta di “Seven” di stampo musicale che smaschera e celebra i demoni che tutti ci portiamo dietro, di default. Il brano inizia con un pattern forsennato di piano, metafora della confusione che si genera quando emergono i nostri mostri interiori; ma Country Feedback sembra spronarci ad affrontarli a viso aperto, in quanto parti inamovibili di noi stessi. Per scoprire la verità, insomma, basterebbe guardarci allo specchio; ed è per questo che l’ultima inquadratura del video non ha bisogno di un volto. Quel volto è il mio, è il tuo, è il Nostro.         

Una singola nota ossessiva dà il via a “Home”, con la voce di Antonio stavolta filtrata, sulla quale s’intrecciano i controcanti più interessanti dell’intero disco; il risultato finale è quello di una bizzarra composizione straniante. “Music Is A Mirror” è una vera e propria lettera d’amore nei confronti della Musica, da parte di una persona che vive l’ambito da oltre un ventennio, che si nutre letteralmente di ascolti, cercando sempre altre derive e nuovi impulsi. L’assolo di sax tenore suonato da Damiano Drogheo, che dà vita al momento più alto del brano, aiuta a confezionare una ballata originale, non scontata, che rimanda in maniera indiretta (soprattutto negli allunghi) a un’altra band seminale per Country Feedback: i Low
        
“Nothing’s Really Changed”, che resta allineata sul minore, risulta il brano più mainstream del lotto; toccante nella tematica affrontata, nelle immagini generate dall’ascolto, presenta il ritornello più melodico e dalla portata emotiva più ampia. “Borders” ci aiuta a risalire dalla valle intimista della zona centrale, e lo fa partendo dallo strumento di Antonio, il basso, grazie a un riff distorto intorno a cui si avvolge il tipico strato di chitarre, voci e percussioni caratterizzante la proposta. 

“Reverse Engineering” è una strumentale stimolante, multi-stratificata, che sembra quasi riprendere il filo di “Bad Habits Die Hard”, la traccia senza voce del precedente album. “The Shape Of Things To Come” chiude il disco con classe, con quel mood nostalgico che saluta senza voler dire “addio”, in una riuscita giustapposizione fra la malinconia del passato e il delinearsi del futuro incombente di Wellsiana (e Lostiana) memoria. È qui che troviamo, a mio avviso, il lavoro bassistico più interessante, grazie a una tessitura che va a incastrarsi sotto il cantato, rimandando a certe felici intuizioni di Sir Paul McCartney.
      
Mentre la coda dell’ultima canzone scema, penso di non essere mai stato un amante delle sfumature finali … ma in questo caso la scelta suona convincente e funzionale: non c’è infatti un termine, ma solo il fluire verso quel futuro appena dipinto. La sensazione è che questa “pausa” fra prima e terza parte del progetto parli di qualcosa che ci hanno tolto, nonostante fosse perfettamente sensato e utile. Mi riferisco al respiro fra i due tempi cinematografici, una volta sacrosanto, oggi eliminato. L’ho sempre ritenuto un momento prezioso, atto a farci riordinare le idee, focalizzare il tema, schiarire la mente e impostarla per metabolizzare il finale a dovere. E parlando del caro vecchio intervallo (intermission) è chiaro che mi riferisco, in primo luogo, a tutto ciò che simbolicamente rappresenta.

Siamo già curiosi di ascoltare la chiusura dell’esperienza solista di Country Feedback, sulla carta nata per produrre solo questa trilogia a cavallo fra musica, cinema e letteratura. Ma chissà … le serie riuscite di solito hanno lunga vita, e difficilmente trovano una conclusione alla terza stagione.           
Si accettano scommesse.          

Articolo di Simone Ignagni


Track List“Intermission”
1. Orson Welles          
2: Not Quite My Tempo        
3. Enemy        
4. Home         
5. Music Is A Mirror  
6. Nothing’s Really Changed  
7. Borders       
8. Reverse Engineering           
9. The Shape Of Things To Come     


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