Non esistono codici comportamentali a cui aggrapparsi quando ci ritroviamo davanti alla perdita di una persona amata. Il lutto è un’esperienza personale, intima che ti segna per tutta la vita e con la quale dovrai fare i conti. La storia del Rock è segnata da lutti tanto improvvisi quanto strazianti che hanno lasciato band a volte incapaci di trovare la forza di andare avanti, a volte pronte a dimostrare a loro stessi che era possibile pensare a un domani.
Che i Foo Fighters decidessero di continuare non era cosa certa. Anche i loro più acerrimi detrattori niente possono dire sul fatto che siano stati una band “vera” e unita come poche altre. Chi li ha visti dal vivo rimaneva in primo luogo colpito dal senso di unità che si vedeva e percepiva sul palco, totalmente dedicato a far suonare le canzoni. I Foo Fighters sono una rock band che pur avendo un leader, è riuscita a mantenere una monolitica coesione che ha contribuito al loro successo.
“But Here We are” – nei negozi e sulle piattaforme digitali dal 2 giugno su etichetta Roswell/Sony – è il disco che celebra il dolore della perdita, con ogni canzone che è come una ferita aperta e le parole i punti di sutura. Non c’è canzone che non sia esplicitamente dedicata all’amico che non è più tra loro ma la cui presenza è ancora tangibile. Parlo da musicista: non è mai facile convivere con canzoni che sono così intrise di vita reale, di sentimenti ancora così vivi. Se il processo compositivo può aiutare a metabolizzare o semplicemente a affrontare il dolore, le canzoni poi rimangono, proprio come le pagine di un diario e ti accompagnano per il resto della vita.
Non so quanto Dave Grohl, Pat Smear, Nate Mendel, Chris Shiflett e Rami Jaffee riusciranno a suonare queste canzoni in futuro, ma è indubbio che averle registrate ha dato loro la forza di andare avanti, di capire che ha ancora un senso suonare insieme. Come non rimanere insensibili davanti all’omelia funebre che è “Rest” che chiude il disco o a quel “Goodbye” urlato più e più volte che chiude la lunga ed articolata “The Teacher”?
Difficile dire se questo disco sia oggettivamente bello, di certo è più vero e vivo del precedente e stanco “Medicine At Midnight” (la nostra recensione). La sua bellezza sta nel senso di partecipazione che trasuda: un disco che vuole “parlare” a tutti coloro che lo vorranno ascoltare, che chiede in modo esplicito la partecipazione dell’ascoltatore. È come trovarsi al buffet dopo un funerale, dove ognuno è pronto a condividere un frammento di memoria che lo lega a chi non c’è più. “And Here We Are” racchiude tutti quegli aneddoti, agrodolci eppure così vitali – pensate a “Under You” o a “The Glass” – e solo il tempo potrà dire se dopo tutto questo dolore, ci potrà essere un futuro.
Articolo di Jacopo Meille
Track list “But Here We Are”
- Rescued
- Under You
- Hearing Voices
- But Here We Are
- The Glass
- Nothing at All
- Show Me How
- The Teacher
- Rest
Line up Foo Fighters: Dave Grohl voce, chitarra e batteria / Nate Mendel basso e cori / Chris Shiflett chitarra e cori / Pat Smear chitarra / Rami Jaffee tastiere / Violet Grohl voce in “Show Me How”