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Jonathan-Hultén

Jonathan Hultén “Chants From Another Place”

Album ispirato da canti folk lontani e composizioni a cappella

Jonathan Hultén, oscuro ed enigmatico cantautore svedese, debutta da solista con il mistico, corale, gotico lavoro “Chants From Another Place”.  Un album ispirato da canti folk lontani, composizioni a cappella, che crea un mondo profondamente riflessivo e personale. Lo stesso Hultén dice di “Chants From Another Place” che vi condurrà tematicamente attraverso paesaggi di estasi, montagne di morte e rinascita che passano attraverso mari di avventura navigando terre desolate di disperazione e foreste ancestrali. È un viaggio interiore e solo il tempo può dire quali luoghi saranno visitati nel corso della sua durata. È un racconto di morte e rinascita spirituale.

Sono tempi duri. Sono tempi di reclusione. La visione mistica è alle porte e facilmente viene ispirata da questi “Chants From Another Place” di Hultén. Sono giorni nei quali lasciarsi prendere dallo sconforto è facile, ma la musica può offrirci ottimi spunti e chiavi di lettura interessanti. Arriva in redazione questo nuovo LP da recensire. Genere lontano dal Rock classico, ma che, come fortemente sosteniamo, è maledettamente vicino a quel tipo di musica suonata bene, suonata con passione che tanto piace a noi.

Ci si possono trovare tante cose divertenti al suo interno, il caro Nick Drake su tutti, lo stesso Nick che abbiamo “incontrato” ormai in una lontanissima serata di ottobre, nella Sala Vanni di Firenze grazie ai due menestrelli Roberto Angelini e Rodrigo D’Erasmo. Una traccia, in particolar modo, ci riporta alle corde di chitarra pizzicate del romantico dannato, la seconda, “The Mountain”, che tanto ricorda “’Cello Song” di Nick. Ma Hultén fa di più, mescola diverse atmosfere tipicamente nordiche e le convoglia dentro questo disco, talvolta intercambiando gli stessi generi anche all’interno dello stesso brano. Le sonorità e gli ambienti gotici, sono, ovviamente, portanti in tutto il disco.

Pronti? Partiamo! “A Dance in the Road” in apertura, folk ed elettronica. Inizia il volo sopra le lande glaciali svedesi. “Next Big Day” ci scuote, brano acustico, voce e chitarra, In search of all things sublime, my soul did not keep up with time. Ci sono gli organi, il gospel e il folk celtico in “The Call to Adventure” … Non svegliatemi, sono in tranche, inizia “Wasteland”, il mio deserto di ghiaccio con tanti oggetti che fluttuano in uno stato catodico di sospensione, lo stesso che molti di noi stanno vivendo.

C’è anche Alan Parsons, da qualche parte, l’ho trovato in “Outskirts” e, chiudendo gli occhi, mi è sembrato quasi di veder correre il cavallo nero di Rutger Hauer in Lady Hawke. Andare con ordine è difficile perché, come tutti i viaggi spirituali, di logica ce n’è ben poca. “Holy Woods” e “Where Devils Weep” sono due ballate acustiche che si mantengono fedeli al mood fin qui riscontrato.

Ecco il primo vero inaspettato cambio di rotta: irrompe “The Fleeting Word”. Intensa e struggente. Eseguita interamente al piano, un piano del quale è possibile sentire la forza impressa sui tasti, le corde che si tendono e i pedali che accompagnano le note. “Ostbjorka Brudlat” è decisamente il canto più svedese dell’album che dà il là alle solenni “The Roses” e “Deep Night”. Quest’ultima, in particolar modo, risalta le particolarità vocali di Hultén le quali, in più di un’occasione, ricordano i canti di Glen Hansard.

Particolare è anche il lavoro che è stato riservato alla cover di questo album, che lo vede rappresentato in un autoritratto che riflette la stessa malinconia che ritroviamo all’interno delle 12 tracce appena ascoltate. Uno sguardo strano e seducente, il suo.

Ancora il cantautore afferma che l’arte è un’esplorazione di sé. A lungo andare porta anche a diventare sempre più se stessi, quello che dovresti essere. Il personaggio di tutti i giorni e il personaggio di scena, alla fine della giornata, sono una cosa sola. Due facce della stessa medaglia sfaccettata. La mia performance è un mezzo per realizzare un’unione tra le due. Sto cercando di diventare una persona migliore abbracciando la mia stessa stranezza. Il mio stile si manifesta da solo, seguendo il flusso della musica. È un atto di arrendevolezza e spontaneità e quindi anche una conquista della paura. Una rivendicazione della libertà del mio spirito attraverso una striscia di movimenti consecutivi.

La malinconia, all’interno di questo “Chant From Another Place”, viene intesa come viaggio alla ricerca della consapevolezza e dell’essere se stessi. Ognuno di noi ha molti lati ognuno dei quali destinato ad affrontare vari momenti della giornata e situazioni, ma che tutti confluiscono ad accrescere e arricchire una medesima personalità.

Articolo di Andrea Scarfì

Track List “Chant From Another Place”

1. A Dance In The Road
2. The Mountain
3. Next Big Day
4. The Call To Adventure
5. Wasteland
6. Outskirts
7. Holy Woods
8. Where Devils Weep
9. The Fleeting World
10. Ostbjorka Brudlat
11. The Roses
12. Deep Night

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