Luglio, telefonata con Luca Baldini dei Benvegnù finalizzata alla promozione del prossimo concerto per Paolo, il 4 agosto al Teatro Romano di Fiesole (FI). Ci saranno i musicisti che hanno accompagnato per anni Paolo Benvegnù e l’Orchestra Multietnica di Arezzo diretta da Enrico Fink, con cui l’artista ha suonato più volte. Ospite speciale Neri Marcorè, che ha prestato la sua voce nel disco “È inutile parlare d’amore” (la nostra recensione). Un’intervista per me dolorosa, la prima che parla di Paolo senza parlare con lui della sua musica.
Luca, per me è abbastanza difficile fare questa intervista, ho un po’ il groppo in gola. Sarete in concerto il 4 luglio nel Teatro Romano di Fiesole, sulle colline fiorentine, un nuovo appuntamento, dopo Firenze, Roncade, Arezzo. Quasi un tour …
Sai, io lo vivo come sicuramente un cordoglio condiviso, una elaborazione del lutto condivisa e sicuramente l’abbraccio delle persone che stiamo incontrando, che abbiamo sempre incontrato ai concerti, non solo del pubblico, ma anzi, come diceva Paolo, del nostro privato, degli organizzatori, della stampa, degli musicisti. È veramente un giro dell’Italia per ricordare Paolo, per sfiorarci un’altra volta, per sfiorarlo e per abbracciarci insieme per elaborare questa grossa perdita. A me ha fatto molto bene sapere che tante persone vogliono ancora bene Paolo e che tante persone hanno bisogno ancora di un piccolo respiro di questa anima incredibile… quindi per me è stato ed è ancora una grossa festa di cordoglio, di elaborazione di questo lutto.
Il modo migliore per dirgli ciao?
Assolutamente, il modo migliore di dirgli ciao, ma il modo migliore di averlo ancora, secondo me, per un po’ fra noi è di cercare nel modo possibilmente più delicato di tenerlo per molto tempo, non solo ricordarlo, ma farlo conoscere a molte persone che magari non lo conoscono, perché secondo me Paolo, oltre ad essere un amico incredibile da oltre vent’anni, per la precisione ventitré anni, è anche per me un poeta immenso, un filosofo importante, di cui la cultura italiana ha assolutamente bisogno. Non vorrei perderlo e non vorrei che questo paese non lo conosca, quindi in qualche modo cercherò, per quanto possibile, di ricordarlo e anzi di farlo conoscere a più persone possibile. Ci sono tanti livelli per cui è stato importante Paolo, per noi che l’abbiamo conosciuto personalmente, per la sua musica incredibile, per il suo essere intellettuale, ma non quell’intellettuale distaccato dalla realtà, cioè il suo era un essere intellettuale profondamente calato nel quotidiano, nelle cose semplici. Era l’alto e il basso comunque, lui volava in altissimo ma toccava le anime anche terrene, era veramente una persona completa che cercava di completarsi, ma era una persona che nel momento in cui la incontravi ti cambiava comunque la vita in qualche modo, anche se riuscivi a sfiorarlo appena, oppure a parlarci una volta soltanto, o a parlarci tante volte, ma comunque un segno te lo lasciava, anche quando arrivavi nei posti, era una persona sia umana che non umana.
L’ultima volta che ho parlato con Paolo è stata per l’uscita di “Piccoli Fragilissimi Film Reloaded”, e come sai non erano interviste, ma erano sempre chiacchierate di due ore, dalle quali poi dovevi tirar fuori un testo. Lui mi chiamò, mi disse sono in macchina, sto andando a prendere mia figlia a scuola, però ho proprio voglia di parlare con te Francesca. Faceva sempre molto piacere sentirlo, lui se poteva se ne fregava degli slot a tempo prefissati per le interviste, parlava quanto gli andava e parlava di tutto. In quella occasione, due cose mi colpirono: una è che il tempo non lo stava cambiando, nonostante il recente successo del Premio Tenco; l’altra è che lui quando parlava della sua musica, dei suoi lavori, che escono tutti a nome Paolo Benvegnù, non diceva mai “io”, ma diceva sempre “noi”. I suoi musicisti non erano un aggiunta, non un supporto, per lui non esisteva Paolo Benvegnù artista solista, esisteva nel “noi”, esistevano i Benvegnù, cioè lui si sentiva incompleto senza di voi, non esisteva.
Lui si prendeva in giro, ci prendevamo in giro, ci dicevamo siamo come Ramones, no? In realtà era veramente una persona che stava attenta a tutti, ascoltava tutti, faceva sì che la persona che era davanti a te era la persona più importante in quel momento e quindi ovviamente lo faceva con noi ma non solo, lo faceva con tutte le persone che incontrava.
Noi eravamo un grosso supporto sicuramente, ognuno per le proprie abilità, per le proprie capacità, completavamo quello che era non solo la sua parte artistica ma anche la sua persona, eravamo le persone con cui era più vicino negli ultimi anni. Veramente ci coinvolgeva completamente. A me mandava le prime estensioni delle canzoni in chitarra e voce al telefono, oppure me le faceva sentire e mi chiedeva dove potremmo cambiare, dove potremmo, questa parola è giusta, quest’altra no. Ci confrontavamo quotidianamente su ogni cosa, anche se lui era molto convinto di quello che scriveva anche perché prima di arrivare alla scrittura definitiva studiava tantissimo, ogni parola era pesata, quello che diceva non era la prima cosa che gli veniva in mente ma era frutto di comunque una riflessione importante, anche filosofica. Ho ritrovato insieme ai miei compagni degli appunti su delle canzoni che sono quasi un trattato di filosofia. Quindi è vero, lui si completava con noi, si sentiva protetto e io mi sentivo un po’ la parte terrena del suo volo, quello che lo prendeva un po’ per la gamba e cercava di non farlo volare troppo in alto, che poi purtroppo è successo.
È vero, eravamo per lui molto importanti e lo ringrazio infinitamente per il suo atteggiamento, per il suo modo di essere perché mi ha fatto crescere moltissimo, mi ha fatto diventare un’altra persona e ha fatto sì che io possa cercare di tenere quell’eredità che è il suo modo di comportarsi, l’umiltà, la gentilezza, l’ascoltare tutti, l’abbracciare tutti, perché comunque ogni momento doveva essere speciale e con lui lo era, mi ha insegnato a far sì che ogni momento fosse così. Aveva questa capacità di essere in empatia con tutti ma perché si poneva sempre in ascolto, sempre con umiltà.
Mi disse cosa siamo senza gli altri, non siamo nulla, cos’è la vita se non amarsi …
In realtà è proprio questo, no? Amarsi non vuol dire soltanto per forza un rapporto amorevole con una persona amata, ma vuol dire anche avere degli incontri e far sì che l’altro sia un pezzo di te e tu sia un pezzo dell’altro, in ogni caso, in ogni incontro, in ogni amicizia, in ogni conoscenza, quindi questo me l’ha insegnato lui e lo ringrazio.
Paolo era abituato a collaborare con qualsiasi musicista, ovviamente quelli con cui era in sintonia anche se facevano generi musicali diversi; voi, per invitare i musicisti a questi appuntamenti per sfiorarsi, come vi siete mossi? Avete ricevuto candidature spontanee? Avete chiamato quelli che sapevate essere gli amici più intimi? Immagino ci sia un’organizzazione molto complessa.
Allora, intanto ci sono vari tipi di cose. Quella dell’8 luglio ad Arezzo è stata una situazione in cui io ho chiamato tutte le persone vicino a Paolo, magari più note, quelle che avevano partecipato anche all’ultimo disco, e devo dire è stato molto semplice, nel senso ho chiamato, mi hanno detto sì immediatamente e non hanno voluto un euro per farlo. Poi è stata una cosa organizzativamente complessa perché comunque farli venire da tutta Italia, ospitarli, è stato comunque un lavoro molto articolato, però il “sì” c’è stato subito, quindi vuol dire che Paolo ha lasciato quel seme in ognuno di loro e vuol dire che è stata comunque una persona importante che non solo gli ha sfiorati, ma ha cambiati anche loro.
Per esempio, Ermal Meta è venuto l’8 luglio con un pezzo nuovo, scritto qualche giorno prima apposta per Paolo, è stata una cosa bella, sofferente, abbiamo pianto tutti perché è stata un’immagine poetica, immensa, cosmica, perché il pezzo si chiama “Cosmico”. Quindi ognuno ha dato il suo apporto in maniera spontanea e bella. Gli altri appuntamenti precedenti sono state cose belle e importanti anche quelle perché al club di Firenze, per esempio, abbiamo fatto una chiamata pubblica, chi vuol venire su quel palco a lasciare una testimonianza o canora o musicale o di un ricordo può farlo, perché per me Paolo era quello, quando arrivavano nei posti faceva sì che la distanza con le persone si rompesse immediatamente, tutti potevano avvicinarsi, tutti stavano ore a parlare con lui, anche dopo i concerti accoglieva tutti fino all’ultimo. Io lo chiamavo il prete che dava la benedizione a tutti, però era veramente questo e quindi ho cercato di riproporre quell’abbraccio, lo sfiorarsi di Paolo. In altre situazioni sono stati i promoter a chiamarmi e noi ci siamo messi a disposizione delle scelte dei promoter che avevano artisti conosciuti e sconosciuti disponibili, noi ci siamo messi a disposizione come band residente a suonare insieme a loro.
Quindi sono state tecnicamente delle cose un po’ diverse tra loro, ma è comunque stato un abbraccio generale importantissimo in tutte le sue fasi, non c’è stata una differenza tra quando c’era il nome importante e quando c’era lo sconosciuto sul palco. Tutti in quel momento facevano parte dei Benvegnù e sono stati parte di una famiglia alla pari in cui abbiamo potuto testimoniare la bellezza della poesia e la bellezza dell’umanità di Paolo, sono state giornate tristi e gioiose, ma sono estremamente contento di averle proposte e di averle fatte.
La set list è sempre stata diversa, nelle varie tappe alla fine sono stati coperti tantissimi brani del repertorio. Abbiamo fatto oltre 100 pezzi in tutti questi appuntamenti e sono state comunque tutte scelte che ho fatto fare agli artisti, è bastato semplicemente equilibrare un po’ affinché non ci fossero doppioni nella stessa serata, ma tutti hanno scelto la canzone a cui erano più affezionati, a cui erano più vicini. Quindi noi abbiamo ri-suonato canzoni magari che erano 15 anni che non suonavamo, è stato veramente bello questo, far riscoprire anche cose diverse in maniera nuova.
Tutte le volte però che noi Benvegnù salivamo sul palco, nei primi pezzi quando facevamo le cose un po’ da soli, ci giravamo verso la parte di Paolo e Paolo non c’era, sicuramente era un morso al cuore incredibile. Abbiamo cercato di migliorare, alleggerire questo morso, invitando appunto dei pezzettini di Benvegnù diversi che potessero interpretarlo e stare insieme a noi in quel palco, a coprire un pochino almeno quel vuoto che c’era accanto a noi.
Capisco la complessità della cosa emotivamente parlando, non solo logisticamente. Allora cosa ci aspettiamo il 4 di agosto a Fiesole con l’Orchestra Multietnica di Arezzo?
A Fiesole sarà pure una festa, perché Paolo quando suonava con l’Orchestra Multietnica di Arezzo era veramente contento. Lui si sentiva uno dei cantanti dell’Orchestra Multietnica, l’orchestra composta da una trentina di musicisti che vengono da varie parti del mondo, ma che vivono ad Arezzo come stazione base e suonano insieme ad aretini da sempre. Attraverso la musica e la cultura cantiamo l’unione dei popoli, Paolo era veramente a suo agio in questa massa fluida, che muoveva le anime e gli spiriti. Paolo si sentiva proprio dentro questa cosa, quindi penso che sia la cosa migliore per ricordarlo.
Inoltre ho deciso di chiedere a Neri Marcorè di fare un intervento insieme a tutti i Benvegnù sul palco. Neri ha avuto un incontro strano con Paolo: ha partecipato alla registrazione del disco “È inutile parlare d’amore” interpretando il brano “27/12”. Gli abbiamo chiesto di fare la canzone sul palco, Neri è un’anima bella e pura e ne è felice. Paolo si era trovato benissimo nella interpretazione di Neri su quel pezzo che ha registrato nel suo studio, si sono sentiti molte volte, però senza mai incontrarsi di persona. Neri diceva sempre Paolo è un amico che non ho mai incontrato e questo omaggio dal vivo a Paolo spero che possa essere proprio l’incontro definitivo fra loro, su quel palco insieme all’orchestra. A Fiesole ripercorreremo molte canzoni del repertorio di Paolo, ma anche quello che Paolo faceva insieme all’Orchestra, delle cover che aveva fatto proprie stravolgendole, quindi canteremo De André, Paolo Ciampi, Paul Simon, The Beatles; insomma sarà un percorso completo nella memoria.
Articolo e foto di Francesca Cecconi
