“Reservoir” dei Brown Horse, in uscita il 19 gennaio per Loose Music, è un debutto impressionante che incanta con la sua miscela di Rock alternativo anni ’90 e sonorità folk-country degli anni ’70. Originaria di Norwich, questa band a sei componenti offre un approccio collaborativo alla scrittura delle canzoni, unendo influenze che spaziano da Uncle Tupelo a Silver Jews, da Lucinda Williams a Jason Molina, e risuonando con la generazione folk-rock degli anni ’70, così come con opere più recenti.
Formatasi inizialmente come quartetto folk nel 2018, la band dei Brown Horse ha visto una trasformazione nel proprio stile dopo la pandemia, passando a un suono più orientato alla chitarra. Tale periodo ha portato varie modifiche e innovazioni come già visto in altre recensioni, come quella di Muddy Moonshine, delle Live Acoustic Sessions dei Roommates o dei Cara Calma. Tutto ciò rimarca il fatto che da peridi dolorosi spesso risultano crescite artistiche notevoli. L’aggiunta di Ben Auld alla batteria e di Phoebe Troup ha completato la formazione, portando a un suono distintivo che ha trovato espressione nell’album “Reservoir”. Registrato in soli quattro giorni in uno studio situato in una tranquilla zona del Norfolk, l’album è il risultato di anni di lavoro collaborativo.
Il senso di spontaneità permea l’intero album, con canzoni che sembrano scritte e registrate quasi istantaneamente, un aspetto che aggiunge autenticità e freschezza alla loro musica. Ricordiamo che in nessuno studio di incisione si trova hardware o software in grado di stimolare o simulare l’interplay tra i musicisti: la spontaneità e il legame tra esseri umani genera sempre un valore aggiunto nella musica, e la registrazione in tempi ristretti e “di getto” aiuta il senso di “qui e ora” di questo disco.
La traccia di apertura, “Stealing Horses”, si apre con un suono intrigante che combina la lap steel, l’accordion e il banjo, mentre la voce di Patrick Turner trasmette sentimenti intensi e confessioni solitarie. Altri brani come “Reservoir”, “Shoot Back” e “Everlasting” mostrano la varietà e la profondità del repertorio della band, esplorando temi come la redenzione, la memoria, la perdita e il dolore. Inoltre, “Bloodstain” e “Silver Bullet” introducono un’energia elettrica che ricorda il Crazy Horse di Neil Young, mentre “Sunfisher” e “Paul Gilley” offrono momenti di tranquillità emotiva e riflessione. L’ultimo brano, “Called Away”, chiude l’album con una preghiera country intrisa di un senso di comunione e spiritualità.
“Reservoir” di Brown Horse è un album che colpisce per la sua onestà emotiva e la sua capacità di esplorare la condizione umana attraverso una musica che è sia familiare che innovativa. È un lavoro che merita di essere ascoltato per la sua capacità di collegare passato e presente, creando un’esperienza musicale che è al tempo stesso nostalgica e rinfrescante.
Rimane sempre in coda il “dove e quando” ascoltare un disco come questo. Ebbene, “Reservoir” è un lavoro che apre il cuore, per scrivere di questa chicca mi sono concesso tanti ascolti in casa, nella libertà di un tramonto passato a investire il tempo su ciò che mi piace. Lo vedo un disco intimo da ascoltare da soli, un respiro da gustare in tranquillità, e così ve lo suggerisco. Concedetegli il suo tempo, lo ringrazierete.
Articolo di Marco Oreggia
Tracklist “Reservoir”
- Stealing Horses
- Reservoir
- Shoot Back
- Everlasting
- Bloodstain
- Paul Gilley
- Sunfisher
- Silver Bullet
- Outtakes
- Called Away
Line up Brown Horse: Patrick Turner voce, chitarra/ Emma Tovell basso, lap steel, banjo/ Rowan Braham tastiere, accordion, cori/ Nyle Holihan chitarra, cori/ Ben Auld batteria/ Phoebe Troup voce
Brown Horse online:
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